Le macchine conquisteranno il mondo?
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A partire dall’avvento della macchinazione spinta dell’industria ‒ ovvero circa dalla prima rivoluzione industriale del XVIII sec. ‒ ma ancor di più dopo la sua implementazione informatica ‒ con la terza rivoluzione industriale ancora in atto ‒ gli incubi dell’umanità si sono arricchiti di nuovi inquietanti scenari, più o meno fantascientifici, legati alla sottomissione dell’uomo alle “macchine”: la guerra atomica innescata da errori del sistema di difesa missilistico computerizzato (Wargames), la rivolta dei robot o dell’intelligenza artificiale (Asimov, Hal Matrix, Terminator), il totalitarismo capitalistico (Metropolis Il mondo nuovo) comunista (1984) fascista (V per vendetta). A suo modo anche l’universo tolkeniano del LOTR ‒ sviluppatosi a metà del ‘900 ‒ mostra segni di preoccupazione in questo senso, quando attribuisce agli uruk-hai di Saruman e agli orchi di Sauron comportamenti decisamente anti-ecologici da capitani di industria, assieme a caratteristiche simil-robotiche, come quella di prendere vita dalla materia inerte, la terra, il che li avvicina alla figura leggendaria del Golem [1]. E forse non tutti sanno che la parola “Golem” in ebraico significa anche “robot”, e che la sua leggenda nasce nella comunità ebraica della boemia, attuale Repubblica Ceca, paese dalla cui lingua, il ceco, deriva proprio la parola “robot”. Tante contaminazioni culturali che dicono tutto e niente ma che è sempre interessante osservare perché indicano sentieri e ipotesi di antropologia culturale stimolanti, come avrebbe detto il compianto Philippe Daverio.
La figura del Golem ci aiuta ad arrivare al punto di nostro interesse: fino a prima della rivoluzione informatica della seconda metà del ‘900 risultava difficile anche per i più fantasiosi filosofi e scrittori arrivare a pensare che degli automi (che erano conosciuti come fatti solo di legno, ingranaggi e molle) un giorno avrebbero potuto diventare coscienti senza un qualche intervento divino, come succede al Golem della leggenda. Difatti, rappresenta un retaggio antichissimo della civiltà occidentale (fin da Platone e Aristotele passando per Cartesio e giungendo a Kant) ‒ che è stato solo confermato dal cristianesimo ‒ l’idea secondo la quale ciò che rende noi umani speciali rispetto al resto del mondo fisico sia una certa nostra qual "scintilla di divino", chiamata in base al contesto anima, mente, ragione, cogito, noumeno..: qualcosa quindi che né la materia inerte né le altre forme di vita avrebbero mai potuto avere, e che benché meno l’uomo avrebbe mai potuto dare loro.
L’avvento a metà ‘900 dell’informatica e dell’intelligenza artificiale [3; 7] ‒ con tutte le sue incredibili prestazioni, che un tempo avremmo creduto “magiche” se non divine ‒ ha in breve tempo stravolto e ribaltato completamente questo luogo comune, tanto che sono almeno settant’anni che il mondo occidentale aspetta con ansia e timore che le macchine sviluppino una propria coscienza e prendano il sopravvento sull’umanità. Attesa che per ora ha trovato concreta realizzazione solo in innumerevoli film e romanzi ‒ come abbiamo visto ‒ ma che comunque è rivelatrice di come l’uomo moderno ormai non creda più che la coscienza sia qualcosa di soprannaturale o metafisico ma piuttosto un fenomeno assolutamente materiale. Tanto che si immagina che essa un giorno possa venire fuori da un qualche computer sufficientemente progredito o magari da un computer quantistico, se non dall’interazione di tutti i computer del mondo tramite internet, alla stregua di neuroni di una nuova grande mente.
sono almeno settant’anni che il mondo occidentale aspetta con ansia e timore che le macchine sviluppino una propria coscienza e prendano il sopravvento sull’umanità
Nonostante la crescente ansia, generata da congetture come la “Legge di Moore” [4; 5], la quale negli anni ’60 prevedeva che la complessità di un microcircuito sarebbe da lì in poi raddoppiata ogni 18 mesi (cosa tra l’altro avvenuta), non solo la rivolta delle macchine non c’è stata ma queste rimangono ancora malinconicamente mute. Insomma: l’obbiettivo di sviluppare una vera e propria coscienza sembra molto lontano. Certo, ormai anche grazie agli algoritmi della rete i computer riescono a fare cose straordinarie: è di pochi mesi fa la notizia di un computer che è riuscito a scrivere un articolo in fluente inglese su di sé e sui “rischi” dell’intelligenza artificiale [8]. D’altra parte questi risultati non sono qualitativamente diversi da quelli di un automa del ‘700 solo (molto molto) più complesso: a tutt’oggi i computer non fanno altro che dare certi precisi output in risposta a certi precisi input; non pensano in modo autonomo, libero.
Non sarà un caso che gli studi più recenti nell’ambito delle neuroscienze [6] facciano sempre più emergere come la mente umana non lavori secondo le modalità dei computer, ovvero secondo algoritmi, ma in una certa qual imprevedibile maniera che continua a sfuggire e che, difatti, non si riesce a riprodurre al di fuori del nostro cerebro biologico.
Tutto ciò non è interessante? Lo ammetto: può sempre darsi che queste mie considerazioni vengano smentite domani mattina; che da un qualche supercomputer quantistico di quelli che stanno cominciando a venir costruiti in giro per il mondo, faccia capolino il primo «Ciao!» autocosciente della storia… Ma per quel che ne so questa possibilità non appare affatto probabile neanche in prospettiva. E sì che ormai la legge di Moore comincia a mostrare i primi problemi, legati all’avvenuto raggiungimento dei limiti fisici imposti per la riduzione delle dimensioni dei transistor, e che appunto i computer quantistici, con tutta la loro potenza di calcolo, non sono più fantascienza.
Immaginiamo uno scenario di questo genere, che ancora fra 20, 30, 50 o 100 anni (non credo serva andare molto più in là per pensare di avere risultati definitivi nell’ambito dell’AI), nonostante lo sviluppo di intelligenze artificiali straordinarie e di una loro messa in rete a livello globale, i computer restino inerti, freddi e inanimati al pari dell’universo profondo, per quanto ci si sforzi di acuire i radiotelescopi alla ricerca di vita extraterrestre. Immaginiamo quindi che l’umanità si arrendesse all’evidenza che l’intelligenza umana non risulti riproducibile da alcun tentativo di emulazione artificiale: cosa se ne dovrebbe dedurre? La risposta è una ed una soltanto: che la coscienza umana non potrebbe essere in fin dei conti riducibile ad alcunché di materiale e che pertanto, per forza di cose, se ne dovrebbe riconoscere l’origine “non materiale”, non fisica e dunque metafisica. Il che era proprio l’ipotesi di partenza, consegnataci dalla riflessione filosofica prima e dal Cristianesimo poi.
D’altro canto proviamo ad immaginare lo scenario opposto: ne dovremmo dedurre una smentita non solo e non tanto di molte filosofie antiche e moderne quanto della fede cristiana, e ipso facto il trionfo definitivo del materialismo.
a tutt’oggi i computer non fanno altro che dare certi precisi output in risposta a certi precisi input; non pensano in modo autonomo, libero.
Non vorrei sembrare melodrammatico o integralista ma credo molto in ciò che sto per dire e per motivi strettamente di coerenza intellettuale: ritengo che l’attuale ricerca scientifica della creazione ‒ è proprio il caso di dirlo ‒ della coscienza artificiale rappresenti un esperimento cruciale [2] (avrebbe detto Bacone) per la storia umana più di qualunque altro mai approntato, dal momento che il suo esito non avrà ricadute solo in ambito scientifico: esso infatti, se fallirà, dimostrerà, se avrà successo, confuterà nientepopodimeno che il Cristianesimo. È una sua verità di fede troppo importante, infatti, quella per cui la coscienza sia appannaggio di due sole creature, gli uomini e gli angeli (anche decaduti), in quanto da Dio dotate in parte o in toto di natura spirituale, perché si possa pensare che la sua confutazione non abbia conseguenze tragiche se non fatali per la fede cristiana stessa. Significherebbe infatti, da un lato, che l’insegnamento della Chiesa in merito è sempre stato sbagliato, il che getterebbe ombre su tutto il resto del Magistero, dall’altro, che alla fin fine noi uomini non rappresentiamo in alcun modo un’eccezione rispetto al resto della natura e che quindi, in fin dei conti, anche l’idea di Dio come Creatore non avrebbe più nessun bisogno di essere pensata. E di lì a negare tout court l’idea di Dio sarebbe un passo.
A fronte di ciò, in nome della mia fede cristiana mi sento di fare una predizione in merito a questa Fantaquestione: no, le macchine non conquisteranno mai il mondo perché non giungeranno mai a possedere una coscienza. Coscienza che, appoggiandomi alla riflessione filosofica, definisco così: la facoltà di percepirsi in modo riflesso come un “io” accompagnata indissolubilmente alla facoltà di agire secondo un principio causale non deterministico ma libero, ovvero non venendo determinati in modo assoluto nell’agire da nessuna causa che sia esterna a noi stessi ma essendo padroni dei propri atti.
La prospettiva di andare incontro a una “verifica sperimentale della fede” è per me al contempo elettrizzante e pietrificante: in ogni caso, infatti, significa che siamo vicini a tempi che da qualunque punto di vista li si guardi segneranno la storia umana e la vita di ognuno di noi. Preparate i pop-corn.
Ad Maiorem
Per approfondire:
[1] Autori di Wikipedia, Golem (18 set 2021). Wikipedia, L'enciclopedia libera. Tratto il 21 Settembre, 10:56 da https://it.wikipedia.org/wiki/Golem.
[2] Autori di Wikipedia, Experimentum crucis (26 mag 2021). Wikipedia, L'enciclopedia libera. Tratto il 21 Settembre, 10:56 da https://it.wikipedia.org/wiki/Experimentum_crucis
[3] Autori di Wikipedia, Intelligenza artificiale (10 set 2021). Wikipedia, L'enciclopedia libera. Tratto il 21 Settembre, 10:56 da https://it.wikipedia.org/wiki/Intelligenza_artificiale.
[4] Autori di Wikipedia, Legge di Moore (2 apr 2021). Wikipedia, L'enciclopedia libera. Tratto il 21 Settembre, 10:56 da https://it.wikipedia.org/wiki/Legge_di_Moore.
[5] Bruno Riccò (2008), Legge di Moore, in Enciclopedia Treccani.
[6] Dotti M., Vita, 2020, Roger Penrose: «L’intelligenza artificiale? Non esiste» [ultima consultazione 21/09/21].
[7] Francesco Amigoni, Viola Schiaffonati, Marco Somalvico (2008), Intelligenza artificiale, in Enciclopedia Treccani.
[8] GPT-3, the Guardian, 2020, A robot wrote this entire article. Are you scared yet, human? [ultima consultazione 21/09/21].
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