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Immagine del redattorePietro Calore

FANTAQUESTIONE n°2

Aggiornamento: 6 set 2021

Ma che cos’era davvero la stella cometa dei Magi?



A molti teorici di vera (!) fantascienza biblica alla Biglino, piace l’idea che la stella cometa, di cui racconta Matteo nel capitolo 2 [1] del suo vangelo, non sia altro che una rielaborazione teologica dell’apparizione di qualche UFO o similari.

I fatti sono altri: a voler dar credito al racconto evangelico (sennò, vabbè, non c’è neanche di che discutere) «alcuni magi» giunsero «da oriente» a Gerusalemme, chiedendo alla popolazione, alle autorità religiose e politiche della città (tra cui Re Erode) dove potessero trovare il «Re dei Giudei», che sapevano essere nato perché avevano visto «sorgere la sua stella»; in seguito, questa stella sarebbe ricomparsa, guidandoli fino al «luogo dove si trovava il bambino».

La figura dei Magi come corpo religioso è storicamente documentata [7]: costoro, chiamati “magòi” dai greci, sul calco dell’originale persiano “magūsh”, erano sacerdoti dello Zoroastrismo, religione ampiamente diffusa nell’antica Persia, appunto “a oriente” rispetto alla Palestina, e grandi osservatori del cielo per fini astrologici. Inoltre, il riferimento di Matteo alla risonanza pubblica dell’arrivo dei Magi a Gerusalemme, lascia intendere, a detta di diversi esegeti, che Matteo abbia voluto con ciò rendere conto delle sue fonti: proprio il ricordo sopravvissuto tra la gente di quegli eventi a circa sessant’anni dall’accaduto.


La figura dei Magi come corpo religioso è storicamente documentata

Tutto ciò non basta a rendere conto con assoluta certezza della veridicità della visita dei Magi né benché meno dell’apparizione della “stella”, tuttavia sono degli indizi per lo meno interessanti. Indizi che trovano appoggio proprio nel momento in cui si indaghi sulla possibile natura del celeberrimo astro.

Rimane sempre possibile che si trattasse a tutti gli effetti di un evento soprannaturale, tuttavia sappiamo che Dio opera nella storia anche per mezzo del Creato senza per forza intervenire in modo trascendente. Molti studiosi quindi si sono applicati per trovare un’interpretazione astronomica della stella dei Magi, senza per ciò essere tacciabili di miscredenza. Ora, tutti concordano sul fatto che non potesse trattarsi di una “stella cometa”, così come ci ha abituati a pensare l’iconografia di Giotto nella Cappella degli Scrovegni (il pittore aveva avuto modo di vedere la cometa di Halley nel 1301, da cui deve essersi ispirato): non è registrato infatti il passaggio di alcuna cometa sui cieli dell'emisfero boreale per l’ultimo decennio prima di Cristo. Si dà il caso, invece, (come ha osservato per primo l’astronomo Keplero) che nell’anno 7 a.C., si sia verificata per ben 3 volte una meravigliosa congiunzione nella costellazione dei pesci dei pianeti Giove e Saturno, in tutto simile a quella che possiamo osservare nei nostri cieli in questi giorni. Qui entra in gioco la questione dell’anno di nascita effettivo di Gesù: senza entrare troppo nei dettagli, oggi gli studiosi sono generalmente concordi nel collocarla proprio negli anni a cavallo tra l’8 e il 5 a.C.


Ora, tutti concordano sul fatto che non potesse trattarsi di una “stella cometa”

Lo storico Giuseppe Flavio [2-3-9] ci testimonia l’esistenza in quegli anni di un grande fermento religioso e di una forte attesa messianica, che noi oggi siamo in grado di riscontrare in diverse fonti a proposito di diverse profezie [9]: da Roma (di cui ci rimane la testimonianza dell’Ecloga quarta [6] di Virgilio, eco di aspettative messianiche legate al calcolo della precessione degli equinozi) all’oriente (di cui troviamo traccia negli scritti astrologici degli astronomi caldei e babilonesi, ma anche in quelli esegetici della setta ebraica degli Esseni) si attendeva l’arrivo di un “dominatore del mondo”, rispettivamente da oriente e da occidente, insomma, dalla Palestina, tanto che Giuseppe Flavio non esitò a riconoscervi la figura di Vespasiano, divenuto “imperatore dell’orbe” proprio in concomitanza con la vittoria sulla rivolta giudaica del 70 d.C. Sappiamo, infine, che gli astronomi orientali, per mediazione della florida comunità ebraica mesopotamica, erede degli ebrei condotti in esilio a Babilonia da Nabucodonor, dovevano conoscere molte bene le profezie messianiche del popolo ebraico, note, in verità, in tutto il mondo antico, e alcune delle quali, in particolare quella del profeta Daniele delle "Settanta settimane" (Dn 9), si sapeva che stavano per verificarsi, sulla base delle indicazioni temporali sibilline da esse contenute.

Insomma, dei veri Magòi persiani avrebbero avuto tutti i moventi e i mezzi per giungere nel 7 a.C. a Gerusalemme, e da lì dirigersi a Betlemme, a soli 7 Km verso sud, dove il profeta Michea (5, 1), aveva profetizzato che sarebbe uscito «colui che deve essere il dominatore in Israele». Ho detto tanto e non sono stato affatto esaustivo! Spero almeno di aver suscitato l’interesse in chi ha letto queste righe di approfondire in autonomia la conoscenza di questo affascinante capitolo delle vicende neotestamentarie.


Ad Maiorem

Fonti primarie:

[2] Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica, II, 261; VI, 312-313.

[3] Id., Antichità Giudaiche, XX, 97, 169, 188.

[4] Svetonio, Vite dei dodici cesari, Vespas. IV, 5.

[5] Tacito, Historiae, V, 13.

[6] Virgilio, Bucoliche, Ecloga IV.


Fonti secondarie:

[8] Bianchi E., Codebò M., Veneziano G., Dalla “Stella di Betlemme” alla creazione del mondo, Atti del IX Seminario A.L.S.S.A, Genova 31 marzo 2007, pp. 72-82.

[9] Colombo Y., Vaccari. U (1934), Messianismo, in Enciclopedia Treccani.

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