Ritroveremo i nostri animali in Paradiso?
Beh innanzitutto in Paradiso bisogna arrivarci quindi, prima di porci questa domanda, preoccupiamoci di evitare il peccato mortale. Ora che abbiamo questa consapevolezza possiamo andare avanti.
La Chiesa non si è mai espressa in modo definitivo su questo tema: d’altra parte l’interesse per la “questione animale” è del tutto contemporanea e si è sviluppata assieme al crescere di una certa sensibilità occidentale, empatica nei confronti degli animali. Certamente, avendo voglia di mettersi a fare un’indagine più approfondita, sono certo che potrei trovare alcune espressioni in un senso o nell’altro da parte di diversi teologi recenti. Tuttavia il bello della dottrina cattolica è proprio la sua sistematicità deduttiva: essa parte da pochi dati teologici rivelati fondamentali (i dogmi) e ne trae con assoluta certezza molte asserzioni (il magistero) che permettono di rispondere a molte domande del genere. Quindi, nel mio piccolo di filosofo istruito in fatti teologici, mi permetto di dire la mia confidando di gestire al meglio l’apparato dottrinale del Cattolicesimo: starà poi a voi lettori giudicare. Mi scuso già se farò ricorso più del solito a citazioni bibliche dirette ma risulta necessario su temi come questi per non dare l’impressione di inventare.
Orbene, a questa Fantaquestione sono sicuro che molti cattolici sarebbero pronti ad opporre un secco NO. E questo sulla base di un dato di fede molto sicuro, fondato sulla Sacra Scrittura e confermato dalla Tradizione, ovvero il fatto che gli animali non abbiano l’anima. Dio nella Genesi crea solo l’Uomo a sua immagine e somiglianza (Gen 1, 27) e solo di lui dice che è cosa «molto» buona (Gen 1, 31); solo nell’Uomo infonde l’«alito di vita» (Gen 2, 7); inoltre l’uomo stesso trova un sostegno che gli sia «simile» solo nella donna (tratta da lui «carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa») e non negli animali (Gen 2, 20-23); solo l’uomo è stato fatto «poco meno degli angeli» dice Davide (Sal 8, 6). Tutto ciò sta a significare uno stacco qualitativo tra l’Essere Umano e gli animali. Nel Nuovo Testamento Gesù stesso dice: «voi valete più di molti passeri!» (Lc 10, 31). D’altro canto bisogna anche chiedersi se il fatto in sé di non possedere l’anima, ovvero di non avere nella propria natura creaturale alcuna componente spirituale, precluda ipso facto la possibilità di trovare spazio in Paradiso. Ritengo che sia questa l’unica domanda sensata da farsi se non vogliamo ancora precluderci del tutto la possibilità di trovare i nostri animali in cielo: ci tengo a ribadirlo per segnare la distanza tra la mia posizione e quella di quanti argomentano in favore di questa idea ponendosi su una direttrice revisionista dell’insegnamento della Chiesa, da sempre contrario ad attribuire l’anima agli animali.
il bello della dottrina cattolica è proprio la sua sistematicità deduttiva
No, gli animali non hanno l’anima ma ciò non significa che non potremo trovarli in Paradiso: dal canto mio sono favorevole a rispondere SÌ a questa Fantaquestione e ora cercherò di mostrare perché. Il Paradiso è il mondo di Dio ed è un mondo spirituale, al di là dello spazio e del tempo, categorie proprie del nostro mondo materiale. Nell’unica Natura Divina si relazionano tre Persone Divine: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Nel Figlio e per mezzo del Figlio, il Verbo (Logos = Ragione/Parola) e la Sapienza di Dio, è avvenuta la Creazione:
(Gv 1, 2) «In principio era il Verbo, / il Verbo era presso Dio / e il Verbo era Dio. / Egli era in principio presso Dio: / tutto è stato fatto per mezzo di lui, / e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste»; (Sap 9, 1.9) «Dio dei padri e Signore di misericordia, che tutto hai creato con la tua parola, / […] Con te è la sapienza che conosce le tue opere, / che era presente quando creavi il mondo».
Tanto che il Figlio vi si è incarnato in Gesù Cristo per redimere la natura umana e con essa tutta la Creazione: (Ef 1, 9b-10) «[…] quanto nella sua benevolenza aveva in Lui /prestabilito / per realizzarlo nella pienezza dei tempi: / il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, / quelle del cielo come quelle della terra»; (Rm 8, 17.19-21) «E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. […] La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità […] e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio»; (Ap 22, 1.5a) «Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più. […] E Colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose"».
Anche il mondo materiale, pertanto, non è destinato a sparire, ad annichilirsi. In questo senso le parole di S. Giovanni permettono di comprendere meglio le parole di S. Pietro, il quale cita una frase di Gesù che deve aver fatto da fonte comune a entrambi: (2Pt 3, 10.13) «Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta. […] Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia».
D’altra parte già l’Antico Testamento è chiaro in proposito e non solo con il racconto del Diluvio, in cui Dio con Noè decide di salvare proprio gli animali: (Sap 1, 13) «[…] Dio non ha creato la morte / e non gode per la rovina dei viventi. / Egli infatti ha creato tutto per l'esistenza; / le creature del mondo sono sane, /in esse non c'è veleno di morte, […]»; (Sap 11, 24-26; 12, 1) «Poiché tu ami tutte le cose esistenti / e nulla disprezzi di quanto hai creato; / se avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure creata. / Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi? / O conservarsi se tu non l'avessi chiamata all'esistenza? / Tu risparmi tutte le cose, / perché tutte son tue, Signore, amante della vita, poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose».
Anche il mondo materiale, pertanto, non è destinato a sparire, ad annichilirsi.
Da questo imponente dato biblico si possono trarre due considerazioni, certamente credibili per la fede e utili alla nostra Fantaquestione. PRIMA Il Creato esisterà per sempre, in quanto tutto ciò che Dio crea anche lo ama, e l’amore di Dio non finirà mai, in quanto a lui coeterno, essendo Lui stesso Amore. SECONDA Il Creato esisterà per sempre, in quanto sussistente fin dal “principio” nella Persona Divina del Figlio-Verbo-Sapienza (pur non essendo a Lui coeterno): certamente verrà da Egli totalmente rinnovato, in modo per noi ora incomprensibile tuttavia ‒ mi pare di poter dire in coerenza con la prima considerazione ‒ non fino al punto di cancellarvi del tutto quanto è esistito prima della palingenesi della Gerusalemme Celeste.
(Is 11, 1.6-9) «Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, / un virgulto germoglierà dalle sue radici. / Il lupo dimorerà insieme con l'agnello, / la pantera si sdraierà accanto al capretto; / il vitello e il leoncello / pascoleranno insieme / e un fanciullo li guiderà. / La vacca e l'orsa pascoleranno insieme; / si sdraieranno insieme i loro piccoli. / Il leone si ciberà di paglia, come il bue. / Il lattante si trastullerà sulla buca dell'aspide; / il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi».
Da queste due osservazioni possiamo pertanto dedurre due possibili risposte alla nostra Fantaquestione, tutte e due convergenti nel senso di una risposta positiva, (1) Sì, se dopo morti andremo in Paradiso, incontreremo i nostri animali già nella visione beatifica di Dio, contemplandone il progetto d’amore realizzato anche nel Creato sussistente nelle seconda Persona Divina. E chi potrebbe dubitare del fatto che i nostri animali abbiano svolto un ruolo in questo progetto d’amore di Dio per noi, obbedendo al compito da Lui stesso assegnato loro di farci da «aiuto» che ci fosse simile? (2) Sì, se dopo morti andremo in Paradiso, potremo molto probabilmente godere nuovamente della compagnia fisica dei nostri cari animali nella Gerusalemme Celeste, quando tutto il Creato verrà radicalmente trasformato in modo per noi impredicibile e meraviglioso, grazie alla resurrezione dei nostri corpi e alla loro trasformazione gloriosa. E seguendo il principio teologico per cui Dio "quod decet, potest et vult", ovvero "quel che conviene, lo può e lo vuole fare", come non pensare che ci donerà di rivivere, per l'eternità e con ancor maggiore intensità, il rapporto così bello e vivace che già ci aveva donato nella nostra vita terrena con i nostri animali?
Invero, non è una certezza teologica: d'altra parte, da cristiani, sappiamo che quel che la Fede non sa, la #Speranza, sospinta dell'Amore, può osare sperarlo! Non so voi ma, in effetti, questa prospettiva mi allieta e, in un certo senso, mi conforta non poco.
Ad Maiorem
Comments