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  • Immagine del redattorePietro Calore

FANTAQUESTIONE N°27

Aggiornamento: 9 mag 2021

Dio punisce?


È un tema che spunta fuori di frequente nel dibattito massmediatico contemporaneo, suscitando brevi ma intense wave polemiche non solo in ambito cristiano-cattolico anzi: soprattutto in occasione di catastrofi naturali o di azioni legislative degli stati contrarie alla dottrina cattolica, da una parte e dall’altra viene tirato in ballo il tema del castigo divino, con grande scandalo dei talk-show, dei giornali laici (e ormai non più solo…), dei benpensanti e così via. Vediamo di fare un po’ di chiarezza sulla cosa.


Dunque: il tema della “punizione divina” è di origine profondamente BIBLICA. Nell’antico testamento ma anche nel Nuovo si accenna spesso al fatto che Dio punisca gli uomini: dalla cacciata dall’eden con relative condanne e il diluvio universale, alla distruzione del Tempio da parte di Nabucodonosor passando per Sodoma e Gomorra e le dieci piaghe d’Egitto (un atteggiamento “punitivo” di cui Dio stesso parla rivelandosi a Mosè «Il Signore passò davanti a lui, proclamando: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga» Es 34, 6-7); dal «pianto e stridore di denti» (Mt 13, 42; Lc 13, 28) ai castighi dell’Apocalisse passando per il «via maledetti al fuoco eterno» (Mt 25, 41) e la triste sorte di Anania e Saffira (At 5, 1-11) per fare solo pochi esempi… Tuttavia occorre fare due considerazioni.

Prima Bisogna notare che nel passaggi da Antico e Nuovo Testamento il tema del castigo divino si sposta sempre più dal contesto della vita terrena a quello del destino eterno dell’anima, cioè da punizioni contingenti in questa vita a un’unica punizione eterna nell’aldilà. Seconda D'altra parte risulta necessario evidenziare come, tanto nell’Antico quanto nel Nuovo Testamento, accanto all’interpretazione del “castigo di Dio” come pura e semplice “vendetta divina” sugli uomini peccatori, ne esistano altre due altrettanto forti che interpretano gli stessi fatti sotto tutt’altra luce. Da un lato, in diversi passi biblici, ne viene sottolineato il fine “medicinale” o “correttivo”, venendo così letti come tentativi da parte di Dio, Padre Buono, di educare i propri figli quando sbagliano («Castigando le sue colpe / tu correggi l'uomo» Sal 39, 12; «ora non vuol fare vendetta di noi, ma è a scopo di correzione che il Signore castiga quelli che gli stanno vicino» Gdt 8, 27). Dall’altro, in altri passi, si interpretano gli eventi solitamente considerati “punitivi” dagli uomini come la manifestazione del rispetto della libertà umana da parte di Dio, il Quale semplicemente non fa altro che lasciarci andare in contro al male che ci procuriamo da noi stessi con il nostro agire peccaminoso («Da principio Dio creò l'uomo / e lo lasciò in balìa del suo proprio volere. / Se tu vuoi, puoi osservare i comandamenti; / l'essere fedele dipende dalla tua buona volontà. / Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: / là dove vuoi tendi la tua mano» Sir 15, 15-17; «Sono sprofondate le genti nella fossa che hanno scavato, / nella rete che hanno nascosto si è impigliato il loro piede» Sal 9, 16; le parabole del tipo delle Vergini Stolte Mt 25, 1-13, del Banchetto nuziale Mt 22, 1-14 ecc.).

Cosa ci dice tutto questo dato biblico? Che bisogna andarci piano col parlare di “castighi divini” nel modo più banale e immediato, che abbiamo ereditato dall’immagine pagana di Zeus che fulmina la gente. È corretto parlarne perché il dato biblico c’è, tuttavia con grande attenzione e cautela: il rischio di finire per pensarla come gli ebrei del tempo di Gesù o come i pagani ‒ il tipico atteggiamento religioso naturale, non cristiano ‒ c’è sempre e Gesù ce ne mette in guardia. Parlando del cieco nato, a chi gli chiedeva se avessero peccato i suoi genitori o lui perché si trovasse in quella condizione, disse: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio»!


Tanto nell’Antico quanto nel Nuovo Testamento, accanto all’interpretazione del “castigo di Dio” come pura e semplice “vendetta divina” sugli uomini peccatori, ne esistano altre due altrettanto forti che interpretano gli stessi fatti sotto tutt’altra luce.

Insomma sulla scorta del dato biblico e della riflessione TEOLOGICA soprattutto degli ultimi decenni (Von Balthasar e Ratzinger), pare proprio di poter dire che il male che ci capita in questa vista terrena in conseguenza a qualche nostro peccato possa dirsi “castigo di Dio” solo in due modi: 1. Nel senso indiretto di conseguenza degli unici veri castighi di Dio, quelli conseguiti al peccato originale, 2. a patto, in ogni caso, di comprendere quest’ultimi così come tutte le nostre magagne quotidiane, non come una pura e semplice sadica vendetta da parte di Dio, ma sempre e comunque come segno del Suo rispetto verso la nostra libertà umana e della Sua cura di Padre amorevole verso noi Suoi figli.


Anche la punizione par excellence dell’inferno deve essere intesa in questo triplice senso: a tutti gli effetti si tratta di uno scenario che ci è stato aperto dal peccato originale; d’altra parte chi la subisce, i dannati, in realtà se l’è liberamente scelta con un atto di volontà contro Dio che, al momento della morte, nel passaggio dal nostro mondo transeunte a quello eterno del Cielo, ha un valore eterno; inoltre, chi invece ancora in vita ci si sofferma con il pensiero, anche solo per il terrore che suscita, deve trarne un invito alla conversione, alla correzione delle propria vita e al distacco dal peccato. Il Nuovo Testamento sposta l'attenzione su di esso proprio a motivo della pienezza della rivelazione che Gesù Cristo ha portato con la sua missione terrena in merito a Dio, alla sua essenza di amore e all'aldilà.


In conclusione bisogna quindi ricordare una cosa: Dio ci ha rivelato in molti modi, primo fra tutti la Croce di Cristo, che le pene conseguenti alle nostre colpe, ai nostri peccati, vanno espiati in una forma ben precisa: il dolore («Egli è stato trafitto per i nostri delitti, / schiacciato per le nostre iniquità. / Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; / per le sue piaghe noi siamo stati guariti» Is 53, 5). Sull’esempio di Cristo, quanti santi l'ha sperimentato, offrendosi come vittime a Dio per la salvezza del mondo, prima fra tutti Maria sul Golgota! A cosa serve poi il Purgatorio se non a questo: a “purgare” nel fuoco dell’Amore Divino le ultime tracce di peccato? E ricordiamoci che, come le anime dannate desiderano andare all’Inferno al cospetto del tribunale di Dio, così le anime purganti, poste davanti alla sua Santità Infinita, desiderano purificarsi prima di ricongiungersi al Creatore.


Anche la punizione par excellence dell’inferno deve essere intesa in questo triplice senso

Ecco quindi che con questa ultima prospettiva il quadro è completo. Quegli eventi dolorosi che allo spirito naturale dell’uomo sono sempre sembrate “punizioni” di un Dio iroso, in verità alla luce della rivelazione definitiva del Verbo Incarnato, appaiono nella loro più intima essenza: occasioni offerteci da Dio Padre non solo per mostrarci il suo rispetto verso di noi e per suggerirci di correggere la nostra vita e la nostra libertà, ma anche ‒ se abbracciate con obbedienza ‒ per rimediare al male provocato dal peccato (delle origini, nostro e altrui) secondo una logica e una modalità ‒ quella della croce ‒ per noi difficile da comprendere ma che Dio, nel Suo pensiero di ineffabile giustizia e bontà, ha stabilito e che quindi a noi sta solo accettare o rifiutare. Se ne fa esempio S. Paolo quando dice: «Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1, 24).


Per dirla in breve: Dio punisce? ma sempre per il bene nostro e altrui. E a questo punto parlare di “punizione” perde di senso, non vi pare?


Ad Maiorem


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