Il Diavolo esiste?
Non vorrei deludere qualcuno ma purtroppo per noi… sì, il diavolo esiste e «Non pensiamo che sia un mito, una rappresentazione, un simbolo, una figura o un’idea» (Es. Ap. Gaudete et Exultate, 2018). Infatti, anche nella Chiesa Cattolica, grazie ad ambigue dottrine di teologi filo-modernisti come i Cardinali Lehmann, Kasper e Ravasi, e i frati Pietro Maraneli e Alberto Maggi, circola l’idea riduzionista per cui, alla fin fine, il diavolo sì “esisterebbe” ma sarebbe, da un lato, una figura mitologica, prestata alla cultura ebraica e quindi a quella cristiana dalle culture del medio oriente antico, dall’altro, un feticcio costruito dall’inconscio umano universale a condensare a mo’ di metafora tutte le pulsioni e i desideri malvagi interni alla nostra psiche, in questo simile a tante altre figure mitiche negative di molte altre culture passate e presenti. Ora, con ogni evidenza qui nessuno vuole negare il fatto che‒ come è normale che succeda per fisiologici fenomeni di contaminazione culturale ‒ la cultura ebraica abbia fatti proprie immagini e simboli delle culture antiche limitrofe per rappresentare figure e concetti del proprio culto: per esempio, dalle culture mesopotamiche, quella delle sfingi alate per rappresentare gli angeli e del serpente per rappresentare il diavolo. Allo stesso modo nessuno vuole negare che esistano certi processi sostitutivi della psiche umana che la inducano a condensare l’oggetto delle proprie nevrosi in simboli espiatori, così come che il male spesso si annidi più dentro il cuore e la mente dell’uomo piuttosto che fuori. Però però… da qui a negare l’esistenza di Satana, così come concepito da sempre dalla Chiesa, ne passa. Quel che mostrerò è che questi fenomeni culturali e psichici rappresentano in verità dei semplici epifenomeni rispetto alla realtà concreta dell’entità “diavolo” così come tramandata dall’ebraismo e dalla Chiesa Cattolica. Vediamo quindi innanzitutto cosa la Chiesa insegna su di lui.
Il Demonio è una creatura personale angelica, ossia dalla natura solamente spirituale. In quanto tale è dotato di una intelligenza molto superiore a quella umana la quale, oltre che dall’anima, è supportata anche biologicamente dal cervello, costituito da materia, livello dell’essere che sarebbe già di per sé limitato rispetto allo spirito se non fosse per di più segnato dal peccato originale. La sua natura spirituale, inoltre, conferisce al diavolo una capacità di conoscenza intuitiva della realtà molto superiore a quella discorsiva umana, assieme a una serie di altre doti conseguenti al fatto di non dover sottostare alle leggi fisiche del mondo materiale, come il fatto di potervisi aggirare in modo impercettibile ai nostri sensi, di poter trovarsi in molti luoghi contemporaneamente, di avere influssi e compiere prodigi preternaturali grazie ai quali è riuscito e riesce tutt’oggi a farsi adorare come dio da molti popoli pagani e sette… Tuttavia, nonostante la sua intelligenza e il suo potere, Satana non è libero di agire a proprio piacimento come noi esseri umani finché viviamo: egli, infatti, da capo delle schiere angeliche, da angelo più vicino a Dio (da cui gli viene l'epiteto di “Lucifero”), per motivi non del tutto chiari, riassumibili nel primigenio atto di superbia di volersi sostituire a Dio, Gli si è ribellato, portando con sé molti altri angeli. Egli pertanto, nella dimensione dell’eternità propria dell’aldilà ‒ così come possiamo fare noi nell’istante della morte ‒ ha pervertito la propria libertà in modo radicale ed irreversibile contro Dio, al Quale ora si trova del tutto sottoposto e senza il Cui consenso non può fare nulla. In conseguenza alla sua cacciata dal Paradiso, per opera degli angeli fedeli a Dio capitanati dall’Arcangelo Michele ‒ il quale, davanti alla sua superbia, ha fatto risuonare in Cielo il grido fatale «Chi è come Dio?!», in ebraico Mîkhā'ēl ‒ Satana, nel perenne tentativo di scimmiottare Dio, ha creato un proprio regno per sé e per i suoi angeli, tanto orrido quanto è bello il Paradiso, l’Inferno. Fino alla fine dei tempi, crogiolandosi nel proprio odio assoluto per il Creatore ‒ Che pure non smette di amarlo ‒ tenta di comprometterNe l’opera e in particolare il Suo capolavoro, l’Uomo, corrompendolo e provandole tutte per condurlo come lui a rifiutare per sempre Dio, ossia alla dannazione eterna. Questo in estrema sintesi per rispondere all’atavica domanda manzoniana «Chi era costui?». Ma da dove trae la Chiesa tutte queste nozioni (che si possono trovare agevolmente nel Catechismo)?
questi fenomeni culturali e psichici rappresentano in verità dei semplici epifenomeni
In primo luogo dalla BIBBIA, come richiede il principio di “gerarchia delle fonti”, per il quale la Parola di Dio deve sempre fondare, anche in modo indiretto o allusivo, le verità della Fede. Testimonianze sul Diavolo si trovano sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento: solitamente quelle presenti nell’Antico, oltre ad essere poche, sono molto stringate e diversificate fra loro, mostrando un processo di approfondimento di conoscenza di questa figura nel corso dei diversi secoli in cui i diversi libri biblici sono stati scritti (si può vedere in particolare l’evoluzione dal serpente della Genesi all’angelo del Libro di Giobbe); le attestazioni del Nuovo Testamento, d'altra parte, molto spesso riprendono e richiamano quelle dell’Antico ma in modo tale da mostrare una avvenuta piena maturazione della comprensione teologica della natura e delle caratteristiche di questa creatura, maturazione che doveva essere avvenuta dunque già in seno alla teologia ebraica stessa, appena precedente e coeva a Cristo, agli Apostoli e agli evangelisti. Questo fatto non deve scandalizzare: nel passaggio dalla Rivelazione Divina ebraica a quella cristiana, la Chiesa, pur non rintracciando stacchi insormontabili, tuttavia ha sempre visto un mutamento nel senso di un approfondimento e di una comprensione più ampia e completa delle verità di Fede, riassumibile nel concetto di “pedagogia divina” (Gal 3, 24): mutamento che ci è stato indicato da Cristo stesso quando afferma di essere venuto a “completare” la Legge e i Profeti, per quanto non ad abolirli (Mt 5, 17). Facciamo alcuni esempi di “mutamento” nella comprensione di certe verità di fede circa il Diavolo, condotto in senso pedagogico dallo Spirito Santo nella stessa teologia ebraica, in vista della «pienezza dei tempi» che avrebbe dovuto accogliere la rivelazione definitiva del Verbo Incarnato.
Nell’Antico Testamento, in particolare nei libri sapienziali e profetici, si vede chiaramente che la concezione ebraica dell’aldilà, al tempo della composizione di quei testi, non era così chiara come lo sarebbe diventata man mano fino ai tempi di Gesù, sicché non vi si parla mai chiaramente dell’Inferno come destino ultraterreno delle anime malvagie né del Paradiso come destino di quelle buone: piuttosto vi si fanno frequenti riferimenti generici a una ricompensa che Dio darà ai giusti e a una punizione che Egli infliggerà agli empi ma non è chiaro quanto questi premi e punizioni si riferiscano alla vita presente o ad una futura. Semmai pare di capire che si privilegi una prospettiva terrena, dal momento che quando si parla del Regno dei Morti, lo Sheol, se ne parla in modo neutro, quasi alla stregua dell’Ade greco. In proposito non mancano passi in cui traspare che gli ebrei stessi, almeno fino all’età profetica, avessero le idee molto confuse su quanto ci aspetti nell’aldilà: «Poiché non gli inferi ti lodano, / né la morte ti canta inni; / quanti scendono nella fossa / non sperano nella tua fedeltà. / Il vivente, il vivente ti rende grazie / come io oggi faccio» (Is 38, 18-19). Fa eccezione uno dei libri sapienziali più tardi, successivo all’esilio babilonese, il Libro della Sapienza, il quale dà per primo un’informazione preziosa, utile per permettere di identificare il Diavolo come spirito malefico al serpente della Genesi, e per cominciare a intravedere la piena concezione dell’idea di Inferno: «Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; / e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono» (Sap 2, 24). Un altro esempio di evoluzione nella comprensione della figura diabolica sono i riferimento nell’AT a #Satana: questo termine, che in ebraico vuole dire “nemico/avversario/oppositore/accusatore/”, vi compare poco e per lo più come termine generico, non strettamente riservato al Diavolo, potendo identificare anche un altro angelo mandato da Dio per ostacolare Balaam (Nm 22, 22) o perfino delle persone fisiche che sono «di scandalo» (cioè d’inciampo) poiché non pensano «secondo Dio» (uso che ci è testimoniato da Cristo Stesso quando si rivolge a Pietro in questi termini in Mt 16, 23). Inoltre, quando sembra riferito proprio all’angelo in seguito noto come Diavolo, non sembra caratterizzarlo nei termini del tutto negativi che poi troveremo nel Nuovo Testamento e velatamente in Isaia, ma semplicemente come un angelo avente il compito peculiare di saggiare la fede degli uomini e di riferire a Dio i loro peccati (Gb 1, 6-12; Zac 3, 1-2). D’altra parte ‒ come accennavamo ‒ di stratta di citazioni davvero scarne, che rendono difficile comprendere quale fosse la reale comprensione della figura diabolica da parte di questi autori biblici. Come ultimo esempio consideriamo il riferimento di Isaia a Lucifero (14, 11-15), appellativo che il profeta attribuisce in modo esplicito al Re di Babilonia ma che non è difficile leggere come già carico di valore spirituale, allusivo alla compartecipazione del sovrano mesopotamico all’azione di una forza anti-divina ancora non chiaramente definita ma dai tratti già chiaramente “diabolici” così come si sarebbero affermati nei secoli successivi: la primigenia vicinanza a Dio, l’atto di superbia, la caduta negli inferi. Vale la pena riportare il brano per esteso, data la sua eloquenza: «Negli inferi è precipitato il tuo fasto, / la musica delle tue arpe; / sotto di te v'è uno strato di marciume, / tua coltre sono i vermi. / Come mai sei caduto dal cielo, / Lucifero, figlio dell'aurora? / Come mai sei stato steso a terra, / signore di popoli? / Eppure tu pensavi: / Salirò in cielo, / sulle stelle di Dio / innalzerò il trono, / dimorerò sul monte dell'assemblea, / nelle parti più remote del settentrione. / Salirò sulle regioni superiori delle nubi, / mi farò uguale all'Altissimo. / E invece sei stato precipitato negli inferi, / nelle profondità dell'abisso!».
Ecco, a fronte di questi germi presenti nell’Antico Testamento, dopo secoli di approfondimento dottrinale, Gesù e gli Apostoli da ebrei erano perfettamente in grado di parlare con chiarezza e precisione ‒ a tutt’oggi immutata ‒ di Inferno (la famosa Geenna, dove sarà pianto e stridore di denti) e di Diavolo, identificandolo senza esitazioni da un lato con il serpente della Genesi («omicida fin da principio» che «non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui», «padre della menzogna» Gv 8, 44) oggetto della condanna del protovangelo di Gen 3, 15 («Il Dio della pace stritolerà ben presto satana sotto i vostri piedi» Rm 16, 20), dall’altro con il Satana per eccellenza («Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e Satana» Ap 12, 9a; «Il vostro nemico [Satana ndr], il diavolo» 1Pt 5, 8a) e con il Lucifero di Isaia (anch’egli «precipitato sulla terra e con lui […]i suoi angeli» Ap 12, 9b e che «si maschera da angelo di luce» 2Cor 11, 14).
dopo secoli di approfondimento dottrinale, Gesù e gli Apostoli da ebrei erano perfettamente in grado di parlare con chiarezza e precisione
Non si può non notare come la figura diabolica biblica, dalle sue antiche origini alla sua fissazione neotestamentaria, abbia sempre presentato delle caratteristiche peculiari rispetto alle rappresentazioni tipiche delle “divinità negative” dei pantheon antichi o dei Princìpi del Male orientali (dal Seth egizio, al Male Manicheo passando per il Male zoroastriano e lo Yang taoista): innanzitutto non è mai stata considerata una divinità né alcunché di equipollente o speculare a Dio; d’altra parte, è sempre stata vista come una figura individuale, una sorta di spirito ribelle, atavicamente opposto non solo a Dio ‒ a cui pure rimane sottomesso! ‒ ma anche nemica degli uomini. Non esistono figure simili in nessun’altra religione. Questo per ribattere ai suoi interpreti mitologici, non solo credenti.
Ai suoi interpreti psicologici credenti, invece – abbandonando le fini diatribe esegetiche – ribatto con tutte le volte in cui nei Vangeli è testimoniato che Gesù ha avuto a che fare direttamente con Satana o qualche altro diavolo, dai vari esorcismi alle tentazioni nel deserto. Senza considerare il “dettaglio” che uno degli incarichi che Questi lasciava ai suoi Apostoli quando li mandava a predicare il Regno di Dio e che ha lasciato a tutta la Chiesa dopo la Pentecoste è precisamente di scacciare i demoni! Tra l’altro dimostrandosi pienamente consapevole delle differenze ed in grado di distinguere tra le manifestazioni di possessione diabolica e quelle di umane malattie psichiche: «Poi, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire qualunque malattia e qualunque infermità» Mt 10, 1; «E disse loro: «Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura. […] Questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto: nel nome mio scacceranno i demoni; […] imporranno le mani agli ammalati ed essi guariranno» Mc 16, 15-18. Queste sono tutte attestazioni che, ad un cristiano ‒ a maggior ragione teologo ‒ dovrebbero lasciare poco margine di discussione sulla reale consistenza e natura personale del Diavolo, di cui San Pietro dice molto crudamente che «come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare» (1Pt 5, 8b)! Altro discorso va fatto ovviamente per un non credente il quale, se già non crede in Dio, a meno di clamorose contraddizioni, non dovrebbe risultarne particolarmente persuaso in merito all’esistenza del Diavolo ma ‒ spero ‒ dovrebbero esserlo almeno della lucidità cristiana davanti al fenomeno diabolico.
Altre informazioni sul demonio sono tratte dalla Chiesa ovviamente dalla TRADIZIONE, l’altra colonna su cui si basa il suo Magistero assieme alla Sacra Scrittura. Non si contano i Santi e i Mistici che hanno testimoniato con tutta la loro vita quanto la via per la santità e la salvezza sia “ostacolata” da questo angelo perverso, in modi a volte fin troppo concreti: vere e proprie percosse fisiche (per avere un esempio recente basti pensare a Padre Pio ma si potrebbe citare Sant’Antonio Abate, il Santo Curato D’Ars, Santa Gemma Galgani, San Giovanni Bosco, la Beata Caterina Emmerick…). Molti sono i Santi che hanno addirittura visto l’Inferno (come S. Teresa d’Avila, i tre pastorelli di Fatima, Santa Faustina Kowalska)! Ancora oggi nelle nostre Diocesi sono attivi, su mandato dei Vescovi in quanto successori degli Apostoli, preti esorcisti incaricati di liberare molte persone da possessioni diaboliche i cui effetti fisici sono – chi ne ha fatto testimonianza anche solo indiretta può confermarlo – molto concreti e decisamente convincenti nel dimostrarne l’autentica preternaturalità. Nel primo e più importante dei sacramenti, il battesimo, è presente un rito esorcistico così come nella Cresima, laddove si segna il battezzando o il cresimando con l’olio santo (il “crisma”), segno ispirato proprio dall’unzione del corpo con l’olio praticata dagli antichi lottatori per sfuggire meglio alla prese dell’avversario, a simboleggiare il sottrarsi del fedele – nuovo o confermato – alla presa del Nemico. Olio che non per nulla rientra tra i Sacramentali, il cui uso la Chiesa non ha mai smesso di consigliare a tutti i fedeli, per tenere lontani da noi «gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti» (Ef 6, 12): «segni sacri», come ogni benedizione in generale e, nello specifico, come l’olio e l’acqua benedetti, «per mezzo dei quali, con una certa imitazione dei sacramenti, sono significati e, per impetrazione della Chiesa, vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali» (Catechismo 1667). Forse che i Santi, i Mistici, il Magistero passati e presenti... Gesù (!) siano e siano sempre stati dei semplici nevrotici o dei Don Chisciotte impegnati a lottare contro un innocuo mito sumero? Certo, un non credente potrebbe supporlo, non un fedele in Cristo e la Sua Chiesa.
Mi sembra di aver chiarito a sufficienza perché un cristiano dovrebbe credere all’esistenza del Diavolo così come sempre insegnata dalla Chiesa e perché un non cristiano dovrebbe per lo meno rinvenire in ciò che la Chiesa professa una sua coerenza. Sempre con la consapevolezza – ci mancherebbe altro – che si sarebbe potuto dire (molto) di più e (molto) meglio: d'altra parte non mi sento di dire altro, dal momento che, in verità, questi argomenti mi generano sempre una certa inquietudine. Credo anzi che andrò subito a segnarmi con dell’acqua benedetta e consiglio a chi è giunto fin qui con la lettura di fare altrettanto.
Ad Maiorem
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