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  • Immagine del redattorePietro Calore

FANTAQUESTIONE n°30

Aggiornamento: 6 lug 2022

Sarebbe possibile clonare Gesù?


Nel romanzo del 2018 “Vaticanum” del romanziere spagnolo José Rodrigues dos Santos per i tipi della Newton Compton, si ipotizza di poter clonare Gesù a partire dal codice genetico conservato nel sangue che macchia la Sindone. Ciò che viene spontaneo chiedersi è: ammesso e non concesso che quest’idea possa trovare un giorno fattibilità tecnica, da un punto di vista teologico, crea qualche problema il fatto che una cosa del genere sia anche solo concepibile? Mi spiego meglio: finché non esistevano neppure i concetti di ingegneria genetica, clonazione ecc. il fatto di poter produrre artificialmente un nuovo Cristo semplicemente non si poneva e non poteva dar da pensare, oggi la situazione è diversa – almeno in astratto – quindi val la pena ragionarci su.


L’incarnazione del Verbo è il cuore delle fede cristiana e non la si può toccare senza provocare grossi sconquassi. Questa Fantaquestione forse, fra tutte, crea il maggior numero di problemi, vediamoli uno per uno. PRIMO È una verità di Fede inamovibile che Gesù Cristo, da Seconda Persona della Trinità, si sia incarnato nella natura umana per redimerla dal Peccato Originale una volta sola per sempre (Rm 6, 10; Eb 9, 26): clonarLo rappresenterebbe una smentita di questo dato magisteriale fondamentale. Ma non solo. SECONDO L’evento di per sé “impredicibile” (come amava dire von Balthasar) dell’incarnazione del Verbo, secondo la fede cristiana, è stata resa possibile nel nostro mondo fisico spazio-temporale – nel grembo di Maria, per intenderci – in modo per noi incomprensibile, da un ineffabile moto d’amore dell’onnipotente ed eterna volontà divina: il fatto di poter riprodurre artificialmente tale evento lo “ridimensionerebbe” non poco, anzi, dovrebbe indurci a credere che non abbia avuto nessuna delle caratteristiche divine ascrittegli dal Magistero. TERZO Clonare un secondo (se non un terzo, un quarto ecc.) Gesù Cristo, inoltre, darebbe luogo all’assurdo teologico – del tutto fatale per l’apparato magisteriale del Cristianesimo – della coesistenza di più Seconde Persone della Trinità, la quale diventerebbe una sorta di Famiglia Allargata.


L’incarnazione del Verbo è il cuore delle fede cristiana e non la si può toccare senza provocare grossi sconquassi.

Insomma, sembra proprio che i nuovi orizzonti aperti dall’ingegneria genetica mettano nelle peste la riflessione teologica cristiana e rappresentino per essa una vera e propria spada di Damocle. D’altra parte è mia opinione che sarebbe riduttivo vederci solo un pericolo. E questo perché, se, da un lato, si tratta di orizzonti ad oggi inaccessibili solo per un puro limite tecnico e non di principio, e che quindi la speculazione teologica deve affrontare con tutto il carico di fatica e di rischi dottrinali che comportano, dall’altro, si tratta di scenari che offrono l’occasione alla teologia appunto di progredire, in un percorso che le è sempre stato proprio a fianco dell’evoluzione culturale umana, ovvero quello di una sempre più fine comprensione dei propri strumenti concettuali, per verificarne il filo davanti alle sfide teologico-morali lanciatele da tale evoluzione. E per filo intendo la capacità da parte della teologia di “tagliare”, “analizzare” il mondo che cambia senza venirne spuntata o piegata, cioè continuando a poter dire qualcosa che abbia ancora un senso a fronte di nuove conoscenze e consapevolezze, il tutto rimanendo fedele a se stessa. Questo processo di auto-comprensione è avvenuto già nei primi secoli della storia della Chiesa, quando questa si è trovata a dover definire nei termini scientifici dell’epoca, la filosofia greca, le verità fondamentali della Fede meglio note come Dogmi – tra i quali per esempio l’Incarnazione appunto – che da principio i cristiani condividevano e vivevano tutti nello stesso modo sul piano esistenziale senza però avere la capacità di esprimerli in termini e concetti univoci che impedissero le devianze, le distorsioni di taluni: in una parola, le eresie. Si è ripresentato tra XII e XIV sec. con la riscoperta della filosofia aristotelica, che ha imposto alla teologia di interrogarsi sulla propria comprensione dell’antropologia, dell’etica, della politica, della fisica e della metafisica, per non parlare del XVI sec. con la rivoluzione copernicana e galileiana, che ha imposto di rivedere non solo e non tanto l’intero modello cosmologico cristiano quanto la comprensione teologica del ruolo dell’uomo nell'universo e del valore della Sacra Scrittura in ordine alla comprensione del mondo naturale. Infine si e riproposto con ancora maggior forza tra ‘800 e ‘900 su più fronti, di cui si possono qui dare solo delle riduttive pennellate: la rivoluzione darwiniana e psicanalitica, le rivoluzioni industriali, l’esplosione delle istanze raziali fasciste con i genocidi che ne sono conseguiti e l’affermarsi degli ideali di giustizia socialisti e di libertà capitalisti con la cultura laica dei diritti umani che ne è germogliata, due guerre mondiali... tutto questo ha imposto alla teologia di rivedere le propria comprensione di molte dinamiche sociali politiche ed economiche, di tornare su quelle affettive e sessuali, e di ricomprendere in entrambi il significato ed il ruolo della persona umana; sul versante bioetico, invece, le nuove scoperte mediche hanno imposto alla teologia cristiana di ritornare sui concetti di vita, di morte, di procreazione, di cura… In tutte queste circostanze la Chiesa è riuscita a dire le stesse cose di sempre con le categorie adeguate a venir compresa dagli uomini cui si rivolgeva in ciascuna epoca, non senza riconoscere e far proprio, in coerenza con il proprio passato, quanto di nuovo e buono l’umanità man mano raggiungeva dal punto di vista culturale e sociale.


si tratta di scenari che offrono l’occasione alla teologia di progredire in un percorso che le è sempre stato proprio a fianco dell’evoluzione culturale umana

Ora, alla luce delle prospettive pur solo teoriche offerte dall’ingegneria genetica, torniamo al concetto dell’Incarnazione del Figlio di Dio con tutti i corollari e le implicazioni che la teologia vi ha individuato e che abbiamo già affrontato. Come già accennavo nella Fantaquestione 11 un qualsiasi atto di clonazione comporta la creazione di un essere umano solo materialmente identico a un altro: così come in qualunque fecondazione naturale, la componente spirituale della nuova creatura viene sempre inflata solo e soltanto da Dio e – come è ovvio che sia – Dio non soffia mai due volte una medesima anima già legata inscindibilmente ad un preciso corpo. Pertanto se si clonasse Cristo a partire dal suo DNA conservato sulla Sindone piuttosto che sul sudario di Oviedo, in verità si clonerebbe un essere umano solo fisicamente identico a Lui ma a tutti gli effetti un’altra “persona”, dotata di un’altra anima, elemento quest’ultimo importante tanto quanto il corpo per definire l’identità di noi esseri umani. Ecco quindi come la prospettiva della clonazione di Cristo in verità non crei alcun problema al dogma dell’Incarnazione una volta che lo si approfondisca, in particolare in merito al ruolo di Dio nella procreazione: nessuno dei tre problemi prima esposti si realizzerebbero dal momento che banalmente il presupposto è sbagliato, la clonazione non potrà mai creare “persone” del tutto identiche fra loro e quindi neppure due Gesù. Consideriamo allora le tre soluzioni che vengono così a delinearsi ai problemi suddetti.


Con tutta evidenza, il clone così ottenuto… PRIMA non essendo la stessa persona di Cristo, non smentirebbe l’insegnamento sull’Incarnazione “una volta per tutte” del Verbo; SECONDA non imporrebbe di pensare l’assurdo teologico che Dio si trovi in qualche modo costretto da noi uomini a incarnare Suo Figlio; TERZA non parteciperebbe in alcun modo alla Trinità, dal momento che, perché si avesse anche in costui l’unione ipostatica tra la natura umana e divina che Dio ha realizzato in Gesù Cristo, costui dovrebbe coincidere con tutta la propria natura umana a Gesù, cosa che non potrà mai avvenire, differendo necessariamente nella componente spirituale. Il povero clone, per dirne una, si troverebbe – come tutti noi – con un’anima segnata dal peccato originale.

Certamente rimarrebbe ancora interessante conoscerlo, giusto per avere l’esperienza di vedere almeno il viso del Salvatore dal vivo ma insomma… tutto qui!

Questa soluzione da me proposta alla Fantaquestione presenta la comodità di mettere al riparo la teologia cristiana da altre inquietanti prospettive simili, come quella di clonare Maria (per esempio a partire da un suo capello rimasto sulla reliquia del suo velo conservata a Chartres o dalla reliquia del suo latte venerata a Parigi) o un qualunque santo (dalle proprie reliquie): per lo stesso motivo che con Cristo, non si verrebbe a creare alcun problema teologico – se non la peccaminosità dell’atto di clonazione in sé – dal momento che i “prodotti” di quei terrificanti esperimenti sarebbero sempre delle persone diverse da Maria o da questo o quel santo.


La dottrina cattolica quindi, almeno su questo aspetto, dimostra di possedere concetti e categorie in grado di non collassare o contraddirsi davanti all’aprirsi di nuovi scenari legati al progresso tecnico. Ancora una volta: Dogma 1 Scientisti 0


Ad Maiorem


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