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  • Immagine del redattorePietro Calore

FANTAQUESTIONE n°32

Torneremo ancora?



Franco Battiato ha svolto un ruolo molto speciale nella nascita del blog, di questa pagina… in generale del progetto di Fantascienza Cattolica. Quando, durante il lockdown del 2020, mi decisi a mettere su carta le idee e le trame che da un po’ mi frullavano per la mente, provvidenza volle che scoprissi anche alcune canzoni del repertorio di Battiato che mi hanno a dir poco illuminato. Già da un paio d’anni lo avevo rispolverato dopo gli involontari ascolti infantili dovuti agli interessi musicali di mio padre, ma ancora mi ero fermato sulla superficie della produzione del genio siciliano: “Cerco un centro…”, “Bandiera Bianca”, “La cura”, “Cuccurucucu...”, “Voglio vederti danzare”... Certo, qualcosa di nuovo e di sorprendente l’avevo già notato: “No time no space”, “La stagione dell’amore”, “L’era del cinghiale bianco”... Ma ecco che a fine 2019 ascolto per curiosità (senza grandi aspettative) il suo ultimo brano originale: “Torneremo ancora”. É una folgorazione ma il tram tram della vita quotidiana mi distrae ancora troppo per approfondire ulteriormente l’opera del maestro. Quando la quarantena di Marzo 2020 pone fine brutalmente a ogni mia attività, in parallelo con la mia ricerca narrativa, un po’ per caso un po’ per fascinazione, comincio ad ascoltarmi ogni pezzo di Battiato che trovo su YouTube. Tre brani in particolare da allora entrano di diritto nella mia top10 musicale: “L’ombra della luce”, “E ti vengo a cercare” e “Un oceano di silenzio”. Come potrete capire, per chi come me ha una formazione filosofica e religiosa un pelo approfondita, sono state manna dal cielo: una inesauribile fonte di riflessione metafisica. Mentre scrivevo, mi ascoltavo in loop questi brani senza venirne minimamente disturbato, come mi accadeva invece con altra musica italiana.

Poco mi importava e mi importa che Battiato fosse cristiano-cattolico o meno: come ho potuto dire nella Fantaquestione14, in linea generale, ho sempre ascoltato la musica e apprezzato i testi per il loro valore musicale e poetico intrinseco. Poi, sapere che Battiato fosse un uomo di fede non ha potuto che rallegrarmi. Forse una fede eclettica, eterodossa, fortemente contaminata dai suoi studi sulle culture e religioni orientali – in particolare araba e indiana –, una fede in questo intimamente “siciliana”, figlia di una terra innatamente di passaggio e di contatto tra i popoli, ma certamente una fede profonda, che non mi permetto di giudicare nel modo più assoluto nella sua sincerità.

Ora, ad esempio dell’intensa spiritualità del maestro, mi piacerebbe leggere e analizzare con voi proprio il suo ultimo capolavoro che – sarà un caso ma sappiamo che il “caso” non esiste – affronta proprio il tema della vita dopo la morte, in termini che, anche per noi cristiani, possono essere molto significativi ed edificanti. La mia analisi probabilmente non sarà in termini del tutto fedeli alle intenzioni dell’autore: sono sicuro però che lo spirito che la muoverà gli sarebbe stato comunque gradito.


“Torneremo ancora”. É una folgorazione


TORNEREMO ANCORA


Un suono discende da molto lontano Assenza di tempo e di spazio Nulla si crea, tutto si trasforma


La canzone inizia con l’evocazione di uno scenario metafisico, ultraterreno, pervaso da una vibrazione, un suono misterioso che riempie uno spazio di per sé senza spazio, per un tempo di per sé senza tempo. Si tratta di una concezione del mondo tipicamente pitagorica e orientale: eterno di un costante divenire, visualizzabile come il perpetuarsi di un’onda sonora che nei suoi vertici e minimi in realtà non cambia mai e si ripropone all’infinito; un mondo in cui, in verità, tutto è uno e uno è tutto: il macro- e il microcosmo coincidono. Si tratta di una concezione del mondo molto diversa da quella familiare al Cristianesimo (non eterno e creato) ma che in modo figurato ed imperfetto, senza dubbio, la richiama nelle sue componenti di eternità e unità, se vi focalizziamo il legame tra creato e Creatore, Lui sì Eterno, Increato e, per quanto trascendete, eppure Onnipresente.


La luce sta nell'essere luminoso Irraggia il cosmo intero Cittadini del mondo Cercano una terra senza confine


Viene quindi tratteggiata con poche, stringate parole, una raffigurazione meravigliosa di Dio, così come intuito e preconizzato, in una certa misura, già da Parmenide, Platone e Plotino, ma soprattutto come sarebbe stato "visto" in seguito da molti mistici cristiani: una sfera di luce simile al sole, che irradia e dà sostanza e ordine all’universo, rendendolo in tal modo «cosmo» (“ordine” appunto, in greco). Nella definizione «essere luminoso» potremmo vedere addirittura una perfetta sintesi della rivelazione vetero- e neotestamentaria: Dio Essere e Dio Luce. Spuntano quindi fuori dal nulla gli apparenti protagonisti del pezzo: delle figure d’uomini errabondi, per ora indefinite, in cui noi cristiani possiamo però ben rivederci, noi che dimoriamo sì «nella terra, ma» abbiamo la nostra «cittadinanza nel cielo», sicché «ogni patria straniera è patria» nostra «e ogni patria è straniera» (Lettera a Diogneto cap. V).


La vita non finisce È come il sogno La nascita è come il risveglio


Non c’è bisogno di essere grandi esegeti per rintracciare la valenza anche cristiana di queste perentorie affermazioni circa la natura della vita e della morte: solo l’ultimo verso richiama ad una dottrina chiaramente non cristiana, quella della reincarnazione che, difatti, viene illustrata dalla strofa successiva e attorno alla quale gira tutta la canzone, per cui gli «esseri luminosi» sono chiaramente solo un pretesto per poterne parlare.


Finché non saremo liberi Torneremo ancora Ancora e ancora


Come è noto, la dottrina greca, induista e buddista della reincarnazione o metempsicosi, afferma che l’anima umana sia immotale ma abiti nel corso del tempo più corpi – non solo umani –, di maggiore o minore dignità, sulla base della condotta più o meno buona che tiene in occasione di ogni vita. E questo finché non avrà raggiunto un perfetto grado di distacco, di libertà dai beni terreni, che le permetterà l’accesso ultimo e definitivo al Nirvana.


Lo sai Che il sogno è realtà E un mondo inviolato Ci aspetta da sempre


Ed è probabilmente al Nirvana che Battiato si riferisce quando parla di questo «mondo inviolato». Tuttavia io, quando l’ascolto, penso al Paradiso, la Casa dove so (sì, lo so, maestro) che il Padre, con ansia, mi aspetta dall’eternità per riabbracciarmi in una stretta di felicità infinita. E ogni volta, immancabilmente, un’eco di Novalis soccorre la mia fede, quando questa sembra vacillare per la vertigine di una tale consapevolezza, rischiarandole la mia condizione esistenziale: «sto sempre tornando, sto sempre tornando alla casa di mio Padre».


I migranti di Ganden In corpi di luce Su pianeti invisibili


Ecco, dunque, chi sono i succitati "esseri di luce": dei monaci buddisti tibetani in fuga dal regime cinese, che il maestro quasi trasfigura – come lui solo poteva fare – in dei epicurei, che conducono le loro vite divine, distaccate dalla fatiche umane, negli “intermundia”, pianeti lontani ed invisibili dalla nostra infima Terra.


Molte sono le vie Ma una sola Quella che conduce alla verità


Qui ogni parola può essere gustata a pieno nella loro ecumenica vaghezza: certo, una e una cosa sola sono la Via e la Verità, Gesù Cristo.


Finché non saremo liberi Torneremo ancora Ancora e ancora


Infine, sempre giocando sulla vaghezza linguistica del brano, con Battiato cantiamo con Fede: sì, torneremo ancora, ancora una volta, torneremo perché in realtà non ce ne saremo mai andati, risorgeremo e Dio sarà «tutto in tutti» (I Cor 15, 28). Addio – anzi – a presto, maestro!


Ad Maiorem


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