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  • Immagine del redattorePietro Calore

FANTAQUESTIONE n°34

Aggiornamento: 28 ago 2022

Extra Ecclesiam nulla salus?



Questa celebre espressione, risalente al III sec. a.C., tratta dall'Epistola 72 di San Cipriano a papa Stefano, significa: “Fuori dalla Chiesa non c’è salvezza”, cioè non si va in Paradiso, in soldoni.

Secondo una logica apparentemente tanto semplice quanto solida, molti anche nella Chiesa Cattolica, hanno ritenuto di doverla interpretare in questi termini: “chiunque non aderisca con il battesimo alla Chiesa Cattolica è destinato inevitabilmente all’inferno”.

Per quanto possa sembrare il contrario sulla base della vulgata illuminista oggi corrente, in realtà questa interpretazione radicale non è mai stata propria della Chiesa Cattolica, neppure in tempi volgarmente considerati “oscuri”: quindi il motto latino è vero, ma a patto di essere ben compreso.


Tutta la nostra Fantaquestione, infatti, gira attorno a un’altra questione: cos’è la Chiesa? Solo una volta risposto a questa domanda potremo capire – in modo non banale – perché “esserne fuori” implichi la dannazione eterna, cioè la perdita della salvezza.

Prendiamo cinque attestazioni di quattro epoche molto diverse, giusto per cogliere la sostanziale continuità del Magistero della Chiesa, a partire dalla parola di Dio.



LA PAROLA DI DIO


Innanzitutto, appunto, sulla base del criterio della gerarchia delle fonti, occorre interpellare la Parola di Dio, le opere da Lui ispirate, per comprendere quale debba essere la nostra comprensione del concetto di "Chiesa".

Con ogni evidenza l'Antico Testamento non può aiutarci in questo compito, tuttavia non è privo di spunti molto interessanti e utili al nostro scopo. In primo luogo va detto che, fin dalla Genesi, troviamo manifestato chiaramente l'Amore di Dio verso tutta l'umanità.

Genesi 9, 8-11: Poi Dio parlò a Noè e ai suoi figli con lui dicendo: «Quanto a me, ecco, stabilisco il mio patto con voi, con i vostri discendenti dopo di voi e con tutti gli esseri viventi che sono con voi: uccelli, bestiame e tutti gli animali della terra con voi; da tutti quelli che sono usciti dall'arca, a tutti gli animali della terra. Io stabilisco il mio patto con voi; nessun essere vivente sarà più sterminato dalle acque del diluvio e non ci sarà più diluvio per distruggere la terra».

Proseguendo la lettura dell'Antico Testamento troviamo attestata, in particolare in diversi passi del profeta Isaia, la destinazione universale non solo dell'Amore ma anche della Grazia salvifica di Dio, solo in prima istanza rivolti in modo speciale al popolo di Israele.

Isaia 60, 1-4: Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, / la gloria del Signore brilla sopra di te. / Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra, / nebbia fitta avvolge le nazioni; / ma su di te risplende il Signore, / la sua gloria appare su di te. / Cammineranno i popoli alla tua luce, / i re allo splendore del tuo sorgere. / Alza gli occhi intorno e guarda: / tutti costoro si sono radunati, vengono a te. / I tuoi figli / vengono da lontano, / le tue figlie sono portate in braccio.

Isaia 66, 18-20: Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti. Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore.


Giungendo al Nuovo Testamento, il Signore e gli Apostoli sono sia concordi che molto espliciti a riguardo dei criteri grazie ai quali si può essere, da un lato, membri del Regno di Dio, cioè della Sua Chiesa, e quindi degni della salvezza, dall'altro, ad esso estranei, quindi meritevoli della dannazione. D'altra parte va osservato che sono concordi anche nel non essere a prima vista coerenti nelle proprie diverse affermazioni.

Mt 7, 21-23: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”.

Mt 25, 31-36: Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. [...] Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato.

Mc 16, 15-16: Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato”.

Lc 12, 47-48: Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.

Lc 13, 22-29: In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.


La trattazione più ampia e dettagliata del tema della salvezza dei non credenti però la troviamo in San Paolo:

Rm 2, 5-16: Tu, però, con la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che perseverando nelle opere di bene cercano gloria, onore e incorruttibilità; sdegno ed ira contro coloro che per ribellione resistono alla verità e obbediscono all'ingiustizia. Tribolazione e angoscia per ogni uomo che opera il male, per il Giudeo prima e poi per il Greco; gloria invece, onore e pace per chi opera il bene, per il Giudeo prima e poi per il Greco, perché presso Dio non c'è parzialità.

Tutti quelli che hanno peccato senza la legge, periranno anche senza la legge; quanti invece hanno peccato sotto la legge, saranno giudicati con la legge. Perché non coloro che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che mettono in pratica la legge saranno giustificati. Quando i pagani, che non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo legge, sono legge a se stessi; essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono. Così avverrà nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo, secondo il mio vangelo.

Rm 10, 9: Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo.


Ecco che nel Nuovo Testamento emerge una tensione che non si spegnerà, anzi, nella riflessione teologica successiva: da un lato sia Cristo che San Paolo sembrano far dipendere l'appartenenza al Regno di Dio, quindi salvezza eterna, da un compiere opere di bene da parte degli uomini e di converso la dannazione, dal compiere "iniquità", al di là della loro adesione o non adesione consapevole a Gesù Cristo e alla sua dottrina, quasi che questa fosse di fatto riducibile all'amore al prossimo. Cosa d'altra parte esplicitata da Cristo stesso in un altro vangelo, quello di Giovanni (Gv 13, 34-35), quando rivela che proprio il rispetto del nuovo Comandamento dell'Amore («che vi amiate gli uni gli altri») mostrerà al mondo chi sono i suoi discepoli.

Dall'altro però sia Cristo che San Paolo sembrano far dipendere al contempo la salvezza dal credere in modo consapevole e tematico in Gesù Cristo e nel Suo Vangelo, e quindi nel venire battezzati.

Tuttavia, nel mezzo di questa tensione si colloca già qui, nella Parola di Dio, una terza valutazione, fatta sia da Gesù che da Paolo, che sembra identificare una zona grigia, ovvero la condizione di coloro a cui "è stato dato meno", che non credono in Cristo e quindi compiono il male però senza sapere di farlo, per ignoranza della "volontà del padrone", dice Cristo, della "legge", dice Paolo: a proposito di questi Cristo dice che "sarà chiesto meno che agli altri", che "verranno percossi di meno" e San Paolo che "moriranno senza le legge che non conobbero", cioè riceveranno identicamente un giudizio meno severo, contrapponendoli ai Giudei che invece verranno giudicati con la legge che conobbero.

La Lettera ai Romani poi offre per la prima volta una sponda teologica al fatto che tutti gli uomini, anche i pagani, siano nella condizione di fare il bene, se solo ascoltassero la Legge di Dio scritta nel cuore di ogni uomo, tanto che arriva a dire che, alla fine dei tempi, ogni uomo sarà valutato proprio su questa sua intima, quasi insondabile adesione alla Legge di Dio, imperscrutabile se non a Chi «guarda al cuore» (I Samuele 16, 7).

Passiamo ora a vedere la vera e propria discussione teologica dell'ultimo millennio.


Ecco che nel Nuovo Testamento emerge una tensione che non si spegnerà, anzi, nella riflessione teologica successiva

TOMMASO D'AQUINO

Nella questione 8 della Terza Parte della Summa, tra gli articoli 1-3, il Teologo afferma quattro cose [1]:

Primo: Cristo è il capo della Chiesa (basandosi su Rm 12, 4 e 1 Cor 12, 12)

Secondo: «il corpo della Chiesa è costituito di tutti gli uomini che vanno dal principio del mondo sino alla fine»

Terzo: E questo perché «Le membra del corpo mistico vanno considerate non solo in atto, ma anche in potenza. […]

Quarto: «Dobbiamo quindi affermare che, abbracciando tutti i tempi, Cristo è capo di tutti gli uomini, ma secondo gradi diversi. Innanzitutto e principalmente è capo di coloro che sono uniti a lui nella gloria», quindi lo è – seppur in grado via via “minore” – di tutti gli altri ancora in vita che o già credono in lui o crederanno in lui o non crederanno mai in lui. Metto tra virgolette “minore” perché San Tommaso fa intendere chiaramente che questa diminuzione non dipenda da un difetto della primazia di Cristo ma solo ed esclusivamente dal grado di adesione a Lui degli uomini.

Quel che tuttavia mi interessa cogliere dalle parole di San Tommaso è questo: tutti gli uomini appartengono – almeno in potenza – alla Chiesa, in quanto tutti gli uomini sono misteriosamente incorporati nel Corpo Mistico di Cristo, del Dio-Verbo Incarnato, in virtù del Suo Sacrificio in Croce.


Tant’è che il Teologo arriva ad affermare [2]: «Gli infedeli, sebbene non appartengano in atto alla Chiesa, le appartengono però in potenza. E questa potenza ha due fondamenti: il primo e principale è la virtù di Cristo, che è sufficiente alla salvezza di tutto il genere umano; il secondo è il libero arbitrio».

E nella questione 10 della seconda sezione della seconda parte afferma: (articolo 1) «Si possono riscontrare due tipi di incredulità. Primo, un’incredulità di pura negazione: e così chiameremo uno infedele o incredulo, per il solo fatto che non ha la fede. Secondo, un’incredulità di contrarietà alla fede: nel senso cioè che uno resiste alla predicazione della fede, o la disprezza […]. Ed è in questo senso che l’incredulità è un peccato. Se invece si prende l’incredulità come pura negazione, quale si trova in coloro che mai seppero nulla della fede, allora essa non ha carattere di peccato […]. E quelli che sono increduli in questo senso si dannano per gli altri peccati, che non possono essere rimessi senza la fede, ma non si dannano per il peccato di incredulità»; (articolo 4) «Ora, essendo l’incredulità un peccato mortale, chi è senza fede è certamente privo della grazia; tuttavia rimangono in lui dei beni di natura. Perciò è evidente che gli increduli non possono compiere le opere buone che procedono dalla grazia, cioè le opere meritorie; però essi possono compiere le opere buone per le quali è sufficiente la bontà naturale. […] L’incredulità non distrugge totalmente la ragione naturale, ma rimane negli increduli una certa conoscenza della verità, con la quale possono compiere qualche opera buona».


Ora, se valutiamo queste considerazioni di San Tommaso nel loro insieme, andando oltre quel che lui sembra ostinarsi a non voler dire ma rimanendo coerenti più di lui a lui stesso, dobbiamo trarne con assoluto rigore logico, che anche per Tommaso, – a certe condizioni – gli infedeli possono salvarsi.

Se, infatti – a sua stessa detta – gli infedeli non conoscono la vera fede senza alcuna malizia (l'incredulità di pura negazione), essi non sono in peccato mortale e dunque, non solo si trovano già di per sé in potenza nella Chiesa ma anche in potenziale connessione con la Grazia del suo Capo, Gesù Cristo, cosa che sarebbe impedita de iure a tutti gli infedeli solo se l'esserlo li esponesse ipso facto al peccato mortale, ma con l'incredulità di negazione non è così!

Dunque non solo dobbiamo pensare che per alcuni di loro sia possibile condurre una vita umanamente buona (e fin qui arriva Tommaso stesso) ma anche (e qui Tommaso non arriva, in modo a mio parere incoerente, in primo luogo con il vangelo) che, rendendosene degni operando il bene umano loro possibile, possano usufruire degli infiniti meriti di Cristo per salvarsi, al pari di ogni altro tralcio della Vite, vedendosi condonati quei peccati mortali che commetteranno... appunto solo perché non conoscono il Vangelo!

Peccati quindi in se stessi alleviati nella gravità, mancando certamente dell'elemento della piena vertenza, laddove fossero presenti gli altri elementi della materia grave e e del deliberato consenso.

In questo senso, sulla base di quel che San Tommaso dice ma non porta alle sue logiche conseguenze, il motto oggetto di nostro interesse andrebbe così inteso: solo chi rifiuta Cristo esplicitamente si pone de iure fuori dalla Chiesa e non può salvarsi; per tutti gli altri, se non credenti per semplice ignoranza, ciò può valere de facto ma c'è speranza laddove semplicemente un pagano viva per quanto gli è possibile secondo i dettami della legge naturale!


Quel che tuttavia mi interessa cogliere dalle parole di San Tommaso è questo: tutti gli uomini appartengono – almeno in potenza – alla Chiesa


CONCILIO DI TRENTO


Il Catechismo del Concilio di Trento è ancora meno indulgente di Tommaso ma – me lo si conceda – anche meno fine [3].

§ 114 […] Del resto tutti i fedeli, da Adamo a oggi e da oggi alla fine del mondo, i quali professano la vera fede, appartengono alla medesima Chiesa, che è stata edificata sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti. Tutti questi sono stati costituiti e fondati su quella pietra angolare che è Cristo, il quale delle due cose ne ha fatta una e ha annunciato la pace ai vicini e ai lontani (Ef 2,14-20). Si dice universale anche perché quanti vogliono conseguire la salute eterna devono aderire alla Chiesa, non diversamente da coloro che, per non perire nel diluvio, entrarono nell'arca.

§ 116 […] Un chiaro significato ha l'arca di Noè, che fu costruita per divino comando, solo perché nessun dubbio rimanesse circa il suo significato relativo alla Chiesa. Questa infatti Dio l'ha costituita in guisa tale che chiunque entra in essa attraverso il Battesimo rimane salvo da ogni pericolo di morte eterna; mentre quelli che ne sono fuori rimangono sommersi dai loro delitti: appunto come avvenne a quelli che non entrarono nell'arca.


Tuttavia poi si esprime così [4]:

§ 364 […] Bisogna dunque pregare per tutti, senza eccezione alcuna dettata da inimicizie o da differenza di stirpe e di religione, perché, chiunque sia, nemico, estraneo o infedele, è pur sempre prossimo; e poiché dobbiamo amarlo per comando di Dio, ne consegue che bisogna anche pregare per lui, essendo questo un obbligo di amore. A questo mira appunto l'esortazione dell'Apostolo: "Vi scongiuro di pregare per tutti gli uomini" (1 Tm 2,1). In questa orazione bisogna chiedere prima quel che riguarda la salute dell'anima, poi quel che concerne la salute del corpo.

[…] deriva dagli Apostoli la consuetudine di fare preghiere e voti per quelli che sono lontani dalla Chiesa, affinché risplenda la fede agli infedeli e gli idolatri siano liberati dall'errore dell'empietà.


D'altra parte il Concilio di Trento aveva autorevolmente affermato [5]

Decreto sulla giustificazione, cap. IV: Queste parole indicano chiaramente che la giustificazione dell’empio è il passaggio dallo stato, in cui l’uomo nasce figlio del primo Adamo, allo stato di grazia e di adozione dei figli di Dio, per mezzo del secondo Adamo, Gesù Cristo, nostro Salvatore. Questo passaggio, dopo la promulgazione del Vangelo, non può avvenire senza il lavacro della rigenerazione o senza il desiderio di esso, conformemente a quanto sta scritto: Se uno non rinascerà per acqua e Spirito santo, non può entrare nel regno di Dio

Canoni sui sacramenti, 4 [6]: Se qualcuno afferma che i sacramenti della nuova legge non sono necessari alla salvezza, ma superflui, e che senza di essi, o senza il desiderio di essi, gli uomini con la sola fede ottengono da Dio la grazia della giustificazione (174), anche se non sono tutti necessari a ciascuno: sia anatema.


Cosa dedurre? Il Concilio di Trento non distingue, come Tommaso, tra appartenenza alla Chiesa “in atto” e “in potenza”, piuttosto indugia molto nel sottolineare la necessità del battesimo per prendere parte ai meriti di Cristo e così ottenere a nostra volta la salvezza eterna. Tuttavia afferma che sono appartenuti alla Chiesa, e quindi si sono salvati, tutti coloro che prima di Cristo, addirittura da Adamo, hanno professato la «vera fede»: non si capisce allora se si debba includervi anche persone vissute prima della Rivelazione abramitica che senza colpa né sono state battezzate né hanno potuto conoscere la predicazione del vero Dio. In caso contrario, dovremmo credere che il Concilio intendesse destinare all’inferno migliaia di generazioni di uomini vissuti per lo meno tra quando, dopo Noè, si perse la conoscenza dell’Unico Dio, e Abramo, solo per il fatto di essere nati nel momento sbagliato. Ciò è tanto inconciliabile con l’Essenza del Nostro Dio, Amore e Giustizia, che non credo la Sacra Assise volesse suggerirlo.

D’altro canto, il che ci aiuta nella sua ermeneutica, se avesse voluto farlo, perché si sarebbe espresso come nelle due affermazioni dogmatiche riportate o nel paragrafo 364? Paragrafo in cui chiede alla Chiesa di pregare perché la fede risplenda a infedeli e idolatri, e per la loro salvezza eterna: una volta che si sia ammesso che questa opera di manifestazione della fede e di conversione non possa essere stata intesa dal Concilio nel senso dalla sola azione missionaria della Chiesa – azione sempre limitata e che a tutt’oggi non si è ancora estesa ad ogni uomo – con ogni evidenza dobbiamo trarne che già il Concilio Tridentino contemplasse un agire misteriosamente salvifico della Grazia di Dio presso gli infedeli di ogni epoca, per cui fare impetrazioni, in grado di farli entrare nella Chiesa conducendoli alla “vera fede” e quindi al "desiderio" del battesimo - concetto che il concilio non interpreta ulteriormente - come gli uomini vissuti prima di Abramo o come San Paolo, per esempio.


In questo senso, per il Concilio di Trento, il motto oggetto di nostro interesse pare andare inteso al contempo in modo più ristretto e più ampio rispetto a Tommaso: chi non viene battezzato non appartiene alla Chiesa e merita ipso facto l’inferno MA Dio può misteriosamente condurre alla fede e quindi a un qualche non meglio specificato "desiderio" del battesimo e quindi nella Chiesa coloro che non la conoscono, sia in modo colpevole (!) che non, e dobbiamo pregare per questo.


Ma quale fede e quale battesimo, verrebbe da chiedersi, dal momento che non potrebbe consistere in una conoscenza di contenuti dottrinali né quindi nel desiderio del sacramento come noi cristiani lo conosciamo? Sicuramente una fede in Gesù Cristo Salvatore (come prescrive San Paolo), ma inevitabilmente una fede non consapevole, atematica, in termini perlomeno misteriosamente simili a quelli in cui la Grazia ha già operato con le generazioni prima di Abramo e che Gesù Stesso nel Vangelo ci descrive con le opere di misericordia corporale.

In questo senso, qui diventa estremamente interessante notare che i salvati descritti da Matteo non sapevano di "fare a Cristo" quegli atti, che pure Egli ha considerato bastevoli per dare loro la Grazia salvifica e quindi farli accedere alla salvezza.

Evidentemente, per molte persone in precise condizioni, compiere l'atto di fede in Gesù Cristo deve combaciare con un atto di fede nell'amore indicato dal nostro cuore alla nostra coscienza: un atto di profondo coraggio e onestà morale, in cui al di là di ogni sovrastruttura culturale specifica, alcuni uomini adempiono a quei comandamenti morali che gridano nel nostro cuore. Uomini come un Socrate o un Ghandi, per fare due esempi fra tutti, ma anche tanti perfetti sconosciuti.


Davvero notevole! Qui il Catechismo di Trento, San Paolo, e Tommaso, se considerati insieme, in modo logicamente stringente, giungono alle stesse conclusioni: dei pagani senza colpa di esserlo, benché possano peccare anche gravemente per questa loro condizione incolpevole, tuttavia se compiono il bene umano loro possibile, possono rendersi degni di sperare da Cristo la Grazia e quindi la salvezza, e noi pochi, noi felici pochi cristiani battezzati, esplicita Trento, dobbiamo pregare per questo, svolgendo così il ruolo del seme di senapa e del lievito nella pasta che ci ha insegnato Cristo.

In effetti, date queste premesse, il vangelo di Matteo (Mt 13, 31-33) si chiarisce in modo sorprendente: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami». Un'altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti».


In questo senso, per il Concilio di Trento, il motto oggetto di nostro interesse pare andare inteso al contempo in modo più ristretto e più ampio rispetto a Tommaso


PIO IX


Nel celebra Sillabo di “Errori della nostra epoca”, stilato all’interno dell’Enciclica “Quanta cura” da Pio XI nel 1864, tra le proposizioni condannate appare questa [7]:

XVII Almeno si deve bene sperare della eterna salvezza di tutti coloro che non sono nella vera Chiesa di Cristo.

Pio IX ha ragione: come abbiamo già visto, la Chiesa da Tommaso a Trento non ha mai insegnato qualcosa di simile (quindi chi lo fa va condannato) bensì ha sempre concepito in termini più estesi dei soli battezzati i confini della Chiesa e così del campo d’azione della Grazia Salvifica meritataci da Cristo. Non a caso è stato proprio Pio IX che ha elaborare più compiutamente del Concilio di Trento il concetto di "battesimo di desiderio", cioè l'accoglienza nella Grazia e quindi nella Chiesa di tutti coloro che non l'hanno ricevuto per ignoranza invincibile e, in qualche modo, l'avrebbero desiderato se avessero avuto l'opportunità di riceverlo.


Lettera Enciclica Singulari quadam, Pio X (1854)

Poiché si deve tener per fede che nessuno può salvarsi fuori della Chiesa Apostolica Romana, questa è l’unica arca di salvezza; chiunque non sia entrato in essa perirà nel diluvio. Ma nel tempo stesso si deve pure tenere per certo che coloro che ignorano la vera religione, quando la loro ignoranza sia invincibile, non sono di ciò colpevoli dinanzi agli occhi del Signore. Ora, chi si arrogherà tanto da poter determinare i limiti di codesta ignoranza secondo l’indole e la varietà dei popoli, delle regioni, degl’ingegni e di tante altre cose? Quando, sciolti da questi lacci corporei, vedremo Dio qual è, allora sì intenderemo certamente lo stretto e nobile vincolo che collega la misericordia e la giustizia divina; [...] Per altro, come richiede la carità, non desistiamo giammai dal pregare affinché tutte le genti di ogni parte si convertano a Cristo, e adoperiamoci secondo il nostro potere per la comune salvezza di tutti gli uomini, giacché non è limitata la mano del Signore, né verranno mai a mancare i doni della celeste grazia a coloro che con animo sincero vogliono e chiedono di venire ravvivati a questa luce.



CONCILIO VATICANO II


Giungiamo ora a delle espressioni magisteriali più recenti della Chiesa, che – spero – pongano la parola fine alla diatriba di nostro interesse, dato il loro indiscutibile valore, provenendo da un Concilio Ecumenico in comunione con il Papa:


Costituzione dogmatica sulla Chiesa “Lumen Gentium” [8]

§ 13 […] Questo carattere di universalità, che adorna e distingue il popolo di Dio è dono dello stesso Signore, e con esso la Chiesa cattolica efficacemente e senza soste tende a ricapitolare tutta l'umanità, con tutti i suoi beni, in Cristo capo, nell'unità dello Spirito di lui.

[…] Tutti gli uomini sono quindi chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale; a questa unità in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia infine tutti gli uomini senza eccezione, che la grazia di Dio chiama alla salvezza.

§ 16 […] quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll'aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna. Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta. Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo e come dato da colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita.


Dichiarazione della congregazione per la dottrina della fede “Dominus Jesus” [9]

§ 12 […] l'azione salvifica di Gesù Cristo, con e per il suo Spirito, si estende, oltre i confini visibili della Chiesa, a tutta l’umanità. Parlando del mistero pasquale, nel quale Cristo già ora associa a sé vitalmente nello Spirito il credente e gli dona la speranza della risurrezione, il Concilio afferma: «E ciò non vale solamente per i cristiani ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo infatti è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale» (Gaudium et Spes § 22).


In questi meravigliosi documenti troviamo il Vangelo, Tommaso, Trento e la dottrina di sempre portati alle loro limpide e logiche conseguenze: chi, in modo incolpevole, non conosce Cristo e la Chiesa, quindi non ha potuto conoscere la Vera Fede né essere battezzato, rendendosene meritevole grazie al bene umano che è in grado di compiere di per se stesso, ascoltando la legge divina iscritta nella propria coscienza, può giovarsi dei Suoi meriti salvifici e così appartenere alla Sua Chiesa e riceverNe la Grazia e la salvezza.


Pertanto, è vero che chi è fuori dalla Chiesa non ha salvezza? , ma Dio, per mezzo dei meriti infiniti di Cristo, può chiamare nella Chiesa ogni uomo, portando alla Fede nel Suo Figlio Unico Salvatore in primo luogo, chi non fosse battezzato o credente per motivi non dipendenti dalla propria volontà, in secondo luogo, perfino chi lo fosse in modo colpevole. E li può portare a tale fede o in modo consapevole (tipo San Paolo) o, misteriosamente, in modo inconsapevole, su vie solo a Lui note ma che Lui Stesso ci ha indicato nelle opere di misericordia corporale, conseguenti al seguire la legge dell'amore inscritta da Dio nel cuore di ogni uomo. Poi per ogni altro loro pur grave peccato, a maggior ragione a fronte della mancanza della piena vertenza della loro natura peccaminosa, possono ben bastare a coprirli i meriti e la bontà di Cristo, cui non possiamo imporre alcun limite se non la nostra libertà malvagia. Tolta quella, chi siamo noi per essere più realisti del Re, Che vuole che tutti gli uomini siano salvati, e che vengano alla conoscenza della verità (1Timoteo 2, 4)?


Mi rivolgo ora a tutti quanti si affrettano a mandare la gente all'inferno con giudizi affrettati. Quando vi arrischiate a fare teologia, fate un piacere a tutti, in primo luogo a voi stessi e quindi alla Chiesa, fissatevi in testa questo principio: non tenete per vera alcuna presunta verità che faccia di Dio uno stronzo, invece che un Padre Amorevole. Più che fare teologia, infatti, rischiereste la blasfemia.

Noi cristiano pensiamo ad essere lievito e luce per i nostri fratelli non credenti, non giudici.



Ad Maiorem



Per approfondire:

[2]https://lnx.edizionistudiodomenicano.it/somma-teologica/terza-parte/files/assets/basic-html/page-140.html

[5] https://digilander.libero.it/longi48/Concili%20Ecumenici/1545%20-%20Concilio%20di%20Trento.html

[6] https://digilander.libero.it/longi48/Concili%20Ecumenici/1545%20-%20Concilio%20di%20Trento.html

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