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  • Immagine del redattorePietro Calore

FANTAQUESTIONE n°18

Aggiornamento: 20 nov 2021

Cos’è Dio?

Parte terza – La parola alla fede!


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Nella scorsa Fantaquestione abbiamo visto come la ragione arrivi a capire che può esistere una “causa” del Tutto, del Megaverso, e come ne riesca a concepire tre caratteristiche “negative”: il fatto di essere oltre lo spazio-tempo, oltre la logica e oltre la matematica. E questo a motivo del suo essere “causa” di tutto ciò, ovvero dei tre assi lungo i quali noi uomini, da un lato, constatiamo che conosciamo l’universo in modo scientifico, e dall’altro, quindi, ci pare ragionevole supporre che esso si costituisca anche nella realtà, fuori dalle nostre teste.

A fronte di questo, compiendo l’ultimo tratto sulla via della ragione, siamo giunti a concepire un’eventualità estrema, che cioè l’inconoscibile causa al di là del Megaverso, nella sua già generale incomprensibilità, prenda l’iniziativa e decida di rivelarsi a noi.

La ragione, quindi, infine – abbiamo visto – riesce addirittura a fare una prima selezione delle religioni “ragionevoli” tra tutte quelle che esistono: ovvero i tre grandi culti monoteistici, gli unici che possiedono un concetto di “rivelazione divina”.

Ora, scavallando verso il versante della fede nel nostro sentiero verso Dio, possiamo fare un’ulteriore opera di scrematura. Chiediamoci, infatti: tra i tre grandi monoteismi, ce n'é uno che rispetti meglio degli altri le tre proprietà prima delineate dalla ragione? Sia la Trinità che Allah che Jahvé sono oltre lo spazio ed il tempo. Allah e Jahvè tuttavia non sembrano essere oltre la logica e la matematica. Lo si può dire tranquillamente, dal momento che risulta evidente proprio a partire dagli stessi argomenti polemici che ebrei e mussulmani hanno sempre adoperato contro il Dio cristiano, ossia la Sua commistione con la natura umana in Gesù Cristo e il Suo essere solo "fintamente" unico nella Trinità.

L’incarnazione ha sempre scandalizzato ebrei e mussulmani appunto perché hanno sempre pensato che non si confacesse all’assoluta trascendenza di Dio: invece, come abbiamo visto è proprio l’opposto.

La Trinità divina, d’altra parte, li ha sempre provocati perché è stata sempre da loro ritenuta una infiltrazione politeistica, una vera e propria offesa all’assoluta singolarità di Allah e Jahvé: tuttavia, come abbiamo visto, un Dio creatore anche della matematica non potrebbe mai essere ragionevolmente solo “uno”, altrimenti sarebbe anch’esso sottomesso alla matematica; potrebbe essere sì “uno” ma in modo del tutto diverso da come siamo soliti concepire il fatto di costituire una “unità” da parte degli enti del Megaverso quindi, per esempio, “uno e al contempo… tre” no?


Ora, scavallando verso il versante della fede, possiamo fare un’ulteriore opera di scrematura.

In definitiva, il Dio-Trinità del Cristianesimo, proprio sulla base della sua radicale “ulteriorità” rispetto alla logica e al pensiero matematico, a voler fare il salto della fede sulla base di un ragionamento ben condotto, sembra essere il culto preferibile tra quelli monoteistici.

Mai come a questo punto quindi – verrebbe da dire – vale e si invera il moto di TertullianoCredo quia absurdum”: se credo, è proprio perché è assurdo!

Per rispondere allora alla domanda della nostra Fantaquestione “cos’è Dio?”, non rimane altro da fare che rivolgersi alla Fede Cristiana, nel mio caso cattolica, e chiederle cosa Dio stesso vi abbia rivelato di Sé.


Per mezzo di Gesù Cristo, dei Discepoli e con la garanzia dei loro successori (il Papa e i Vescovi), la Fede Cattolica afferma che Dio è Amore e Luce in un’unica sostanza dalla natura relazionale, una natura del tutto peculiare, che lo differenzia da ogni altra sostanza e che è chiamata, appunto, natura divina.

Due parole di preambolo. Per “sostanza” in lessico filosofico si intende ciò che al nostro orecchio potrebbe sembrare più familiare col nome di “individuo” o “ente individuale”; per “natura” invece si intende “ciò che una sostanza è”. Per esempio, un cane e un gatto sono allo stesso modo due "sostanze" ma ciò non toglie che siano due "nature" diverse: l'uno una sostanza di natura canina, l'altro felina.

Passando al lessico teologico, il Cristianesimo è più restrittivo nell'uso del concetto di "natura": nella prospettiva cristiana esistono quattro generi di “natura”, ciascuno con le proprie sostanze specifiche, coi propri individui, insomma: la natura delle sostanze brute (dagli atomi agli animali, cani, gatti ecc.), costituita da sola materia; la natura delle sostanze angeliche (gli angeli e i demòni), costituta da solo spirito; la natura umana, costituita da un’unità indissolubile di materia e spirito; e infine la natura di Dio, solo sua propria, che è anch’essa spirituale (Gv 4, 24) ma del tutto superiore a quella angelica e a quella umana. Come avremmo potuto arguire dalla Fantaquestione precedente, infatti, bisogna accettare l'idea che noi si possa parlare dell’“essere del Creatore", "di Dio” solo in modo analogico rispetto all’“essere” del (suo) creato, sia pure angelico, umano o bruto: Dio quindi è spirito nel senso che la sua natura è più analoga alla natura angelica e umana che a quella bruta, ma mantiene comunque il proprio divario infinito da Creatore anche nei loro confronti.

Il Cristianesimo chiamo le "sostanze spirituali" “persone” in quanto capaci di relazione. Questo fatto di potersi relazionare le distacca qualitativamente dalle sostanze brute. D’altro canto, da parte Sua, Dio si distacca infinitamente anche rispetto alle altre sostanze personali perché a differenza loro, in Lui l’esistenza e la relazione sono una cosa sola, coincidono [1]. Dio è, usando una felice formula di S. Tommaso d’Aquino, “relazione sussistente” [2-3]: una relazione che a differenza di quelle umane e angeliche, le quali sussistono solo tra diverse sostanze personali che già esistono per conto loro, sussiste in sé stessa, possiede di per sé l’esistenza, è in se stessa una sostanza, Dio appunto. Dio quindi è relazione, una relazione d’amore (1 Gv 4, 8), una relazione di tale profonda comunione fra tre Persone, il Padre il Figlio e lo Spirito Santo, da formare un’unità. Queste tre Persone Divine si distinguono fra loro non per natura (sono tutte e 3 Dio) ma solo per la diversa relazione in cui sono l’una rispetto all’altra, ovvero solo nel modo e nell’ordine in cui si amano: il Padre ama per primo – e così genera – il Figlio, il Figlio ama di rimando il Padre, e questo amore tra il Padre e il Figlio e viceversa è tale da costituire a sua volta una persona, lo Spirito Santo, che ama il Padre e il Figlio. Ma questi Tre si amano tanto intensamente, in modo talmente donativo, in un unico circolo d’amore ­– amore che è appunto la sostanza divina – da costituire una unità d’amore totale e sotto ogni altro aspetto indistinguibile nei suoi Membri. Le Tre persone non esistono prima di amarsi, come accade tra persone angeliche e umane: esse sono l’amore che si donano l’un l’altro senza tenere nulla per sé, al punto da costituire un tutt’uno d’amore.


la Fede Cattolica afferma che Dio è Amore e Luce in un’unica sostanza dalla natura relazionale

Da questo circolo d’amore che è il Dio-Trinità, per un ulteriore atto d’amore viene creato… il Creato, con tutte le sue diverse nature e rispettive sostanze, sicché Dio è anche Luce (1 Gv 1, 5) perché – come aveva intuito Platone, parlando nella Repubblica dell’Idea del Bene [4-5] – Egli è come il sole che scalda la terra e scalza le tenebre illuminando il mondo: dona l’essere alle creature e permette ad alcune di queste (le altre sostanze personali) di conoscere Lui e ciò che grazie a Lui esiste.


E così da Dio giungiamo a noi e la via della fede finisce proprio lì da dove era partita, in modo tale che ci è possibile ripercorrerla ogni volta senza timore di perderci nelle nostre bassezze “umane troppo umane”, così come nelle altezze di un empireo disincarnato: il tutto, in un mirabile equilibrio d’Amore che non esclude nulla, bensì trascina tutto con sé, dalle nostre vite al «sole e l’altre stelle» (Par. XXXIII, v. 145).


Ad Maiorem


Per approfondire:

(2) Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, I, q. 28 a.4.


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