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  • Immagine del redattorePietro Calore

FANTAQUESTIONE n°28

Aggiornamento: 4 lug 2021

Biglino ha ragione?



Ma assolutamente no!

A leggere il nome e i temi di questa pagina qualcuno potrebbe credere che il suo autore provi qualche simpatia per un personaggio che sta avendo molto risalto in questo periodo sui social media, il biblista Mauro Biglino: ora ciò è del tutto distante dalla realtà e ci tengo particolarmente a smentirlo.

Chi scrive non ha letto alcuno dei suoi libri (e non lo farò finché ciò comporterà un introito da parte sua): tuttavia ho visto molti video di sue conferenze e interviste in giro per l’Italia, pertanto premetto che non parlo sulla base di preconcetti o per sentito dire. A prova di ciò, mi permetto di riassumere le sue tesi per chi non le conoscesse.


(1) Innanzitutto Biglino sostiene che la Bibbia non parli di “Dio”.

(2) Sulla base dei suoi studi di ebraico (a) e seguendo un metodo radicalmente “letteralista” (b) che lui definisce con un’espressione peculiare «facciamo finta che sia vero», afferma invece che:

(3) la Bibbia sarebbe una raccolta di testi in origine senza alcun intento religioso;

(4) e che questi testi sarebbero dei resoconti personali (nel caso dei profeti) o delle narrazioni collettive (nel caso dei libri storici) del rapporto tra il popolo ebraico e una razza di alieni (detti Elohim) e il suo capo (Jahvé), dalla lunga vita e dalle straordinarie conoscenze tecnologiche e genetiche, grazie alle quali avrebbero creato l’Homo Sapiens e fornito al popolo ebraico armi portentose (del tipo dell’Arca dell’Alleanza).

(5) Ovviamente questi racconti biblici farebbero il paio con tutte le narrazioni mitiche dell’antichità, da quelle greco-romane, a quelle egizie, indiane, cinesi e amerinde le quali, secondo lui, sarebbero “vere” nel senso che racconterebbero il vero rapporto tra tutti questi popoli e una o più civiltà aliene colonizzatrici.

(6) Nei secoli i “teologi monoteisti” ‒ come li chiama lui ‒ ebrei prima e cristiani poi, avrebbero distorto il contenuto dei libri biblici per piegarli a un nuovo preteso contenuto teologico, in special modo tramite traduzioni fuorvianti di alcuni termini (come appunto “Elohim” in “Dio”).


Ora io non ho fatto studi di ebraico e non pretendo di entrare nel merito di certe diatribe di traduzione: quel che tuttavia mi preme porre, invece, sono delle questioni generali di metodo che, da diplomato classico e filosofo, mi sento più che legittimato a sostenere, dal momento che non servono competenze specifiche in ebraico per formularle.


PRIMA

Le affermazioni di Biglino non sono scientifiche (anche nel senso in cui possono legittimamente esserlo delle affermazioni nell’ambito di scienze “molli”, come la linguistica e l’ermeneutica) semplicemente perché lui stesso le rende non falsificabili. Per ogni possibile obiezione Biglino è abile a crearsi una schiera di potenti nemici invisibili che occulterebbero le prove che, altrimenti, se venissero allo scoperto, avvalorerebbero le sue tesi. Per quanto riguarda le modificazioni dei testi biblici ‒ tese ad asservirli a un presunto “Dio” inventato ‒ ovviamente primeggia il Vaticano ma ha un ruolo importante l’intera (!) comunità dei traduttori/commentatori biblici “ufficiali”, passati e presenti sia ebrei che cristiani. Per quanto riguarda, invece, l’esistenza degli alieni, a complottare sarebbero i governi mondiali (non si capisce se perché loro complici rettiliani o cosa) e nientemeno che l’intera (!) comunità archeologica, ad eccezione di suoi anonimi (!) informatori, che lo metterebbero a parte di rivelazioni eccezionali, tenute nascoste dai loro colleghi per non si sa bene quale motivo.


Quel che tuttavia mi preme porre sono invece delle questioni generali di metodo

SECONDA

La spiegazione che Biglino dà della genesi della silloge biblica è palesemente troppo semplificatrice: si tratta a tutti gli effetti di una neanche troppo abile forzatura per far stare in piedi la sua impalcatura ermeneutica. Il nostro, perché le sue tesi reggano, si trova a dover sostenere che siano esistite due fasi di stesura dei testi biblici rigidamente separate: una prima fase della durata di diversi secoli (almeno cinque, tra l’Esodo e il periodo profetico, quindi circa dal X al V sec. a.C.) in cui tutti gli autori biblici e il popolo ebreo stesso sarebbero stati perfettamente consapevoli di non star parlando di nessun “dio” ma di una creatura aliena dai poteri sovrumani; e una seconda fase (da dopo l’esilio babilonese fino all’occupazione greca della Palestina, quindi fra il V e il III sec. a.C.) in cui, senza soluzione di continuità, non solo tutti gli autori biblici successivi e il popolo ebraico stesso ma perfino tutti i commentatori e gli studiosi biblici fino ad oggi sarebbero stati invece perfettamente convinti di tutt’altro, ovvero di star parlando del “Dio” monoteista a noi più familiare.

Innanzitutto verrebbe da chiedersi dove siano finiti tutti questi alieni, ma concediamo pure che questa sia una questione che giustamente si sottragga a ogni indagine umana possibile.

Piuttosto quel che possiamo a buon diritto chiederci e chiedere a Biglino è: come spiega dal punto di vista sociologico e dell’antropologia culturale una transizione così netta? Come spiega che si sia potuto perdere tanto rapidamente il ricordo di un fatto così eclatante come l’esistenza di una razza di esseri sovrumani? E che lo si sia potuto distorcere al punto da trasformarlo nel prima inesistente ‒ a sentire Biglino ‒ culto monoteistico che perdura tutt’oggi? Chi sono stati gli autori di un così capillare, repentino ed efficace processo di “mistificazione”?

Ma poi, sempre a seguire Biglino, si deve pensare che questo processo sia avvenuto in tutte le culture che ‒ come sostiene il nostro, mica noi scettici ‒ convivevano con gli alieni. Allargando lo sguardo, infatti, ci rende conto come nessuno degli storici antichi racconti nelle proprie opere di questa incredibile coabitazione, bensì releghi l’aspetto religioso, anche inerente vicende molto antiche, a questioni cultuali, oracolari o al più propiziatorie. Detta altrimenti, basta una lettura non approfondita dei testi storici antichi per accorgersi che gli dei non vi agiscono come attori protagonisti ma solo in modo indiretto, per mezzo al più di (ambigue) profezie o presunte propiziazioni (comunque considerate tali sempre per un valutazione a posteriori degli uomini) di questo o quell’evento (una vittoria militare ecc.), e comunque sempre per tramite di sacerdoti o oracoli umani. Teniamo conto che l’ultimo profeta ebraico, Malachia, è vissuto a meno di mezzo secolo dai viaggi in oriente (Persia ed Egitto) di Erodoto, il primo storico: a giudicare dalle sue narrazioni, di questi alieni che avrebbero segnato a tal punto l’immaginario dei popoli antichi da crearne i pantheon divini, sia in grecia che in oriente pare non ci dovesse essere già più traccia. Non è strano?

Le élite politiche e religiose dell’intero bacino del mediterraneo si sono messe tutte d’accordo per un’opera di “cancel culture” ante litteram?

Ci si potrebbe fare molte domande del genere ma credo basti porne un’ultima definitiva per permettere a ciascuno di valutare in autonomia se si è intimamente persuasi della teoria di Biglino: siamo davvero disposti a darle sufficiente credito da credere che Omero ed Esiodo (vissuti tra VIII e VII sec. a.C.), quando nei loro poemi parlano di dei ed eroi, intendessero parlare di alieni in carne ed ossa, che dominavano le loro società con astronavi, ingegneria genetica ecc.? O, altrimenti, siamo disposti a credere che anche loro fossero protagonisti di un’azione “revisionista” su scala globale?

Biglino non spende mai mezza parola per spiegare in modo ragionevole come sia stata possibile una transizione simile a quella suddetta o anche solo per rendere ragione degli inevitabili corollari che ne derivano e che ho esposto in estrema sintesi: tutto ciò non può che togliergli decisamente credibilità.


Nessuno degli storici antichi racconta nelle proprie opere di questa incredibile coabitazione

TERZA

Come succede spesso ai “letteralismi” (come quello di Lutero), anche il metodo di traduzione di Biglino è eccessivamente semplificatore, arbitrario e ingannevole (ad essere buoni).

Biglino spesso se la prende con le religioni monoteistiche perché ricorrerebbero alla categoria ermeneutica del “mistero” di Dio come scappatoia per spiegare passi biblici che invece lui, con il suo miracoloso metodo letteralista, riuscirebbe a spiegare molto meglio, tirando in ballo alieni, astronavi, ingegneria genetica ecc., saltando a piè pari ogni considerazione sulla differenza di genere letterario dei testi stessi o sulle differenze cronologiche di scrittura dell’uno rispetto all’altro.

Ora, anche solo considerando il Pentateuco (cioè i cinque libri più antichi della Bibbia) e lasciando da parte i salmi e i libri profetici (che pure sono stati composti quando ancora gli alieni popolavano la Terra, secondo lo stesso Biglino), esistono innumerevoli passi biblici in cui chiaramente si parla di Dio nei termini spirituali, trascendenti e decisamente disincarnati propri del Dio ebraico-cristiano tradizionale (il roveto ardente fra tutti): Biglino ne rende conto etichettandoli sbrigativamente come delle interpolazioni o delle modifiche a posteriori dei teologi monoteisti. Questa sì una bella scappatoia, non vi pare? Se, parlando di Dio e della sua Rivelazione, si è più che legittimati a introdurre la categoria del “mistero” per rigorosi motivi gnoseologici (per la disamina dei quali rimando alla Fantaquestione 17), le spiegazioni storico-letterarie addotte da Biglino per giustificare le falle della sua teoria, a voler essere generosi, non sembrano essere nulla più che pseudo-spiegazioni, queste sì ad hoc, a posteriori e per di più del tutto congetturali per non dire arbitrarie, mancando di ogni straccio di prova documentaria (ovviamente tutte occultate dal Vaticano, che domande!) a proprio sostegno.

Se poi volessimo considerare anche i Salmi e i libri profetici, le attestazioni del fatto che Davide (o chi per lui) e i profeti avessero in mente un Dio spirituale e trascendente mentre scrivevano si sprecherebbero… Così come del fatto che spesso il loro linguaggio era mistico, figurato, metaforico, programmaticamente sottratto ad ogni letteralismo. Facciamo un esempio: a Biglino, così come a molti sostenitori della "tesi degli antichi astronauti", piace citare le visioni del profeta Ezechiele che ‒ a parer loro ‒ descriverebbero chiaramente degli avvistamenti ufo, una volta che ci si decida a togliersi ogni "paraocchi" monoteista e ci si arrenda al significato letterale dei testi. Ebbene, prendiamo pure per vera la loro logica: a seguirla coerentemente, dovremmo anche credere che gli alieni avrebbero fatto letteralmente mangiare un rotolo di papiro al povero Ezechiele: «[Dio] Mi disse: “Figlio dell’uomo, mangia ciò che ti sta davanti, mangia questo rotolo, poi va’ e parla alla casa d’Israele”» (Ez 3, 1). Eh no! Ovviamente (?) qui (e solo qui?) Ezechiele starebbe interpretando con gli occhi di un mediorientale del VI sec. a.C. chissà quale misteriosa tecnologia aliena troppo avveniristica perché potesse comprenderla e parlarne se non in modo figurato, direbbe Biglino… Ma se qui Ezechiele parla per metafore, perché non dovremmo dire lo stesso del resto della sua narrazione?

Questo a mo’ degli innumerevoli esempi dei fallaci (in quanto arbitrari) trucchi ermeneutici che gente alla Biglino impiega per crearsi seguaci tra i più ingenui e meno smaliziati ‒ tra l’altro spesso con qualche motivo di rancore verso la Chiesa Cattolica e gli Ebrei, se non con vere e proprie malcelate pulsioni negazioniste dell’Olocausto ‒ ma che al contempo ne palesa ai più avveduti l’assoluta inconsistenza scientifica.

Certamente va riconosciuta a Biglino&company una notevole capacità retorica che forse andrebbe fatta nostra anche da noi credenti, per cominciare a porre rimedio alla propaganda di assurdità fatta da lor signori, prima che comprometta il destino eterno di troppe anime.



Ad Maiorem



Per approfondire:

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