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Immagine del redattorePietro Calore

F(M)C 1E13

Aggiornamento: 18 apr 2021


10 Maggio 2083

01:10 ORA DI TEL AVIV

00:10 ORA DI PARIGI

02:10 ORA DI MOSCA


9 Maggio 2083

15:10 ORA DI LAS VEGAS


Le opinioni pubbliche dei paesi del Blocco Orientale erano state messe a parte di quasi tutti i dettagli delle vicende delle ultime ore. Non c’è da stupirsene: per loro rappresentavano un innegabile successo ideologico. Quelle del Blocco Occidentale, invece, avevano appreso dai propri governi solo che il Blocco Nemico stava tentando un atto di forza criminale su scala globale: plurime gratuite aggressioni militari ai danni dell’Occidente, per tentare di impadronirsi del suo supercomputer, alloggiato a Meghiddo. Inutile a dirsi, non erano state informate dell’esistenza di Quanto, in Nevada. A dirla tutta, neppure quelle orientali lo erano state, ma per motivi diversi: mentre i governi occidentali non volevano svelare il loro segreto perché farlo li avrebbe smascherati per i bugiardi che erano (senza contare, poi, che avrebbe potuto mettere in molti la pulce nell’orecchio in merito alle “buone intenzioni” progressiste da loro tanto sbandierate per l’uso della tecnologia dei supercoputer), i governi orientali, da parte loro, se ne erano semplicemente disinteressati. Grazie a Marchetti, infatti, sapevano che l’unico supercomputer che avrebbe potuto davvero funzionare tra i due per attuare Global Intelligence era proprio Wave: perché mai, dunque, preoccupare la gente e i soldati col pensiero di Quanto?

Frattanto gli eserciti schierati ora aspettavano solo ordini dai rispettivi alti comandi per dare il via alle ostilità. I potenziali fronti sparsi per il pianeta erano molteplici ma la battaglia principale, quella che avrebbe deciso le sorti del mondo, quella prima della quale non avrebbe avuto alcun senso combattere altrove ̶ e per un motivo o per l’altro lo sapevano tutti, sia in Occidente che in Oriente ̶ era proprio quella per Meghiddo. Possedere Wave da parte di uno dei due blocchi ora avrebbe determinato la sopravviva stessa dell’uno o dell’altro. Non per nulla, sopra la base nucleare che lo accoglieva, stazionavano le principali armate terrestri e aeree occidentali, mentre una ventina di miglia dirimpetto a questa, stazionavano altrettante armate sino-russe in atteggiamento minaccioso.

Pio XV, in quello stesso convulso giro d’ore, aveva incontrato dapprima i capi di stato e militari orientali, quindi ̶ il che gli stava decisamente più a cuore ̶ i presidenti delle conferenze episcopali cinesi e i Patriarchi dell’Ortodossia. Alla luce degli ultimi avvenimenti, questi gli riconobbero la primazia petrina: comunque fosse finita, da allora non sarebbe esistita più alcuna separazione tra Chiesa Cattolica e Ortodossa. Per ultimo, Pio XV aveva espresso il desiderio di andare in prima linea, sul fronte di Meghiddo, per confortare ed esortare le truppe. In un momento di riposo nella sua tenda, permesso dall’orario notturno, si decise ad aggiornarsi sugli sviluppi mediatici che stava avendo in Occidente tutta quella vicenda. Scorrendo il proprio palmare grafenico, sperava di trovare qualche segno di ravvedimento ma rimase deluso, di quella delusione a cui inconsciamente già sapeva di essere destinato e che infatti segretamente l’aveva trattenuto fino a quel momento dal farlo. Come sempre e ancor più ora, le televisioni e le reti sociali galvanizzavano la gente contro gli orientali “regressivi”, invitando le persone, in nome della libertà e del progresso, a mobilitarsi per una vera e propria crociata in ogni modo potessero: a suon di campagne sulla rete, di raccolte fondi, di flash-mob, di manifestazioni, di cacce al cattolico romano ̶ ormai ufficialmente nemico pubblico ̶ , e di incendi e devastazioni di ogni monumento “superstizioso” o “razzista” scampato alla sacrosanta pulizia degli ultimi gloriosi decenni di liberazione.

Infine, però, a farlo stare peggio, furono le entusiastiche parole di avallo a tutto questo del Papa brussellese, Francesco IV, che proprio in quel momento stavano venendo riprese da tutte le più importanti agenzie di comunicazione del mondo, assieme a quelle di suo marito, un noto opinionista brasiliano.

Fortunatamente proprio allora giunse Marchetti a distrarlo: «Santità non è il momento di buttarsi giù di morale» gli disse bonario.

«Mi dica Marchetti ̶ cercò subito di dissimulare il Papa ̶ , è proprio sicuro che non dovremmo preoccuparci di Quanto?»

«Il Presidente Ruiz è qui a Meghiddo, giusto?»

«Sì, l’ha detto lei stesso»

«E allora le confermo che non c’è motivo di preoccuparsi»

«Ma perché gli Occidentali non potrebbero implementare… "quantisticamente" come mi diceva… il Sistema di Controllo Globale con Quanto? Mi è lecito supporre che il Generale Vasil'evič gliel’abbia già chiesto, lo dica anche a me...»

Marchetti non esitò «Si ricorda, Santità… questa mattina… quando parlavo degli studi di noi Pari sull’intelligenza artificiale…? Avevo accennato al fatto che ne avessero evidenziato tutte le potenzialità così come… i limiti. Beh ci sono andato piano! Quegli studi avevano dimostrato qualcosa che aveva delle grossissime ricadute politiche: che nessun computer, per quanto “super”, avrebbe mai potute essere “umano” cioè… Come posso rendervelo in modo semplice..? Insomma… ̶ Marchetti schioccò le dita ̶ non avrebbe mai potuto essere “capace di riflettere” sulle cose oltre che… farci calcoli sopra! Non so se mi capisce!».

Pio XV annuì, sfarfallando con le mani e facendo ondeggiare la veste candida che gli scendeva morbida sulle braccia.

«Beh, insomma, questo fatto aveva mandato nel panico i vertici dei governi occidentali, con i quali ci eravamo subito confidati. Le spiego: dopo che il “piano a” di manovrare un Supercomputer dall’esterno gli era sfumato tra le mani (troppo difficile, anche in linea teorica, interfacciarsi con un cervellone simile), quelli avevano sperato di poter affidare direttamente a un Supercomputer “radical” l’attuazione di Global intelligence… come sorta di “piano b”… Ma anche quella via ora gli veniva preclusa.

Noi Pari credevamo ancora nella bontà della causa di Global Intelligence… Ci venne allora da proporre loro un’ultima, estrema soluzione: cercare di capire se fosse possibile trasferire una mente umana su un Supercomputer per controllarlo, questa volta, “dall’interno”. Sulle prime ci parve che non avessero preso sul serio l’idea… salvo poi scoprire dai giornali (che sfrontati!) e giusto qualche giorno dopo (!), che non solo l’avevano presa sul serio, ma che anzi si erano perfino inventati di istituire un Comitato Internazionale per arrivarne a capo… E che tramite questo si erano affidati a quel narcisista di Ian McGover come responsabile sperimentale… bypassando completamente noi Pari…

Come non bastasse, in seguito, per vie traverse, scoprimmo che avevano addirittura affidato Quanto (!) a quell’individuo, come appoggio logistico e computazionale perché completasse prima le sue ricerche… E non finisce qui: venimmo a sapere che avevano pensato a quel deficiente di Ruiz come “mente” da caricare su Wave… Fu la ciliegina sulla torta.

Arrivati a quel punto, capirà… Tra noi Pari, quei pensieri che ci ha sentito esporre alla Busch questa mattina… hanno preso sempre più piede e… ci hanno portato fino a qui… a escogitare la trappola di stamane e… Beh il resto lo sa o comunque può intuirlo…»

«...Appena ha sentito pensare alla Commissaria di avviare Global Intelligence, ha capito che il lavoro di McGovern doveva essere approdato a qualche conclusione… Ma certo! Ormai quel che dovevate fare era già scritto…»

In quell’istante, all’improvviso, lo sguardo di ammirazione di Pio XV assieme a quello teso di Marchetti, fino a quel momento fissi l’uno nell’altro, furono attirati verso l’orizzonte dal balenare repentino di spaventosi bagliori. Prima una, poi due e quindi di seguito innumerevoli enormi palle di fuoco vennero comparendo sopra la base di Meghiddo e oltre, verso il mare, segno inequivocabile dell’esplosione di ordigni nucleari.

«Cosa le dicevo Marchetti... ̶ trasalì Pio XV ̶ É l’Armaghedon!»


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