L’astromobile del Presidente sfrecciava fischiando tra le torbide nuvole temporalesche che si avvoltolavano nel buio dell’artico «Sistema quanto manca al lancio dei missili?».
«Tredici ore, Signore»
«Perfetto, Sistema, noi siamo quasi arrivati, abbiamo tutto il tempo per far ambientare i nostri amici. La prima cosa che dovrai fare una volta caricato su Ira sarà convincerli del complotto dei Generali in nostra assenza e…»
«Signore! Ho perso il contatto coi droidi costruttori»
«Cosa? Deve essere la tempesta, Sistema: l’apparato di comunicazione esterno deve essersi danneggiato»
«Impossibile Signore, è stato sabotato scientemente, ora supporta solo comunicazioni radio. Non me lo spiego, la coppia finora è sempre rimasta…». Era la più lunga pausa che il Presidente avesse mai sentito fare a Sistema: ne rimase sconvolto. «… i figli!».
Il Presidente non capì cosa intendesse e tagliò corto «E allora mandagli un segnale radio, Sistema! Cerca di metterti in comunicazione con la coppia! Avvisali che stiamo per arrivare, che ci spieghino cosa sta succedendo… – imprecò –!»
Passarono dieci minuti di pressanti tentativi ma da Ira non rispondeva nessuno, fu la famiglia alla fine a mandare un messaggio «Signor Presidente lei non entrerà mai in Ira».
Il Presidente rimase spiazzato, non sapeva cosa rispondere «Maledizione a voi – imprecò –! Spero sia uno scherzo…! Datemi l’autorizzazione ad atterrare, è un ordine!»
«Signor Presidente lei non entrerà mai qui dentro, non perché non lo vogliamo noi ma perché morirà in ogni caso prima e sarà Sistema a ucciderlo»
Sistema allora alzò la voce «Non li ascolti Signore! Glielo avevo detto. Devono essere impazziti. Chiudo la radio: ci schianteremo sull’ingresso se necessario…».
Il Presidente disattivò il pilota automatico e prese energicamente in mano i comandi. «Taci Sistema!» gridò mentre un turbinio di pensieri si accalcava nella sua mente: un’intelligenza artificiale non può arrabbiarsi, non può alzare la voce, cosa stava succedendo? «Ditemi… perché dovrei morire?» ribatté subito dopo con un sarcasmo, nell’estremo tentativo di dissimulare il terrore che lo stava assalendo.
«Perché, in ogni caso, una testata nucleare di classe superiore impatterà sulla base pochi minuti prima del suo arrivo, fra esattamente dodici minuti e venticinque secondi».
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