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  • Immagine del redattore: Pietro Calore
    Pietro Calore
  • 5 lug 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 12 gen 2021


La famiglia rimase in preghiera sette giorni, turnandosi per dormire e bere quel giusto per non disidratarsi, fino quando i tremori del suolo non cessarono. A nessuno venne in mente di mangiare. L’esplosione simultanea, su tutta la superficie terrestre, di ordigni di quella portata, doveva avervi provocato terremoti e maremoti di magnitudine spaventosa. Le enormi energie sprigionate dovevano aver fatto bollire l’atmosfera e i mari, quindi fuso tutti i ghiacci del pianeta in una manciata di ore: in quelle immediatamente successive, le polveri sollevate, oscurando il sole, dovevano aver gettato nel gelo buona parte del pianeta. In questa maniera doveva essersi innescato un tanto forsennato quanto cataclismatico ciclo dell’acqua. La prospettiva erano piogge torrenziali acido-radioattive per chi sa quanto. La vita, almeno quella non microbica, con ogni probabilità, annientata. D’altra parte non c’era modo di esserne certi: Ira, una volta sigillata, non poteva più comunicare con l’esterno se non dopo più di un anno ̶ precisarono i droidi ̶ e per mezzo di alcuni droni.

Ogni persona conosciuta nella loro vita in quel momento era morta?

«Sì» rispose il padre ai suoi ragazzi, seduti dietro di lui al tavolo della colazione. L’idea di essere sopravvissuti alleviava ormai questa consapevolezza, fino a quel momento troppo angosciante per essere affrontata.

«Anche Sistema è morto?»

Il padre rimase di spalle, davanti alla piastra a induzione, in silenzio.

«Papà, come avete fatto tu e la mamma a capire le intenzioni di Sistema?»

«È una storia lunga ragazzi – rispose sempre di schiena – ma proverò a sintetizzarla… e poi… ne avremo da aspettare prima che torni la mamma». Il padre si sedette a tavola con loro, davanti alla tazza fumante. «Io e vostra madre poco dopo esserci sposati abbiamo escogitato un sistema per comunicare tramite il battito delle ciglia. All’inizio quasi per scherzo – soffiò sulla tazza sorridendo –, poi col tempo abbiamo cominciato a usarlo per commentare tra noi i dibattiti avuti in Consiglio e anche solo per… parlarci. Imparammo anche ad applicare la nostra intelligenza al nostro corpo per controllarne le reazioni psicofisiche. Sapevamo che Sistema aveva il totale controllo delle nostre vite e non era un problema per noi, ci fidavamo di lui… Sapevamo anche che non poteva leggerci nel pensiero ma al contempo… sentivamo la necessità di dirci, di provare qualcosa assieme che nessun’altro potesse sentire, registrare… fosse anche una macchina. Pensammo che, forse, Sistema non sarebbe arrivato a comprendere beh… questa nostra intesa. Ci siamo assunti un rischio ma ne valeva la pena». Mentre lo diceva, il suo sguardo brillava.


 
 
 

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