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Immagine del redattorePietro Calore

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Aggiornamento: 14 gen 2021


Nessuno sapeva dove il Sigaro fosse diretto né se sarebbe atterrato, insomma, cosa avrebbe fatto. A motivo delle dimensioni, molti avevano pronosticato che si sarebbe fermato in orbita attorno alla Terra e che vi avrebbe lanciato qualche sonda. I governanti del mondo si erano radunati in uno stormo di elicotteri (ben protetto da una agguerrita flotta aerea), pronto a dirigersi ovunque fosse stato necessario. Alle 21:00 (sempre ora di Greenwich) la corsa del cilindro ̶ ormai visibile anche da Terra nel cielo notturno ̶ in effetti, si arrestò. Quindi, un paio d’ore dopo, dal Sigaro, stazionato a circa centocinquantamila chilometri dalla Terra, si separò una navetta che si avviò (almeno così pareva agli esperti chiamati dai network mondiali) in direzione dell’emisfero boreale, in una zona compresa tra l’Europa e l’Himalaya. Ogni avvenimento era raccontato sui media con un tono sempre più teso. Clemente XV, al pensiero che quell’affare gli passasse sopra la testa, trasalì.

Tutto d’un tratto, a mezzanotte la navetta accelerò. Alle 4:00 apparve chiaro che si stesse preparando ad atterrare in medio oriente. Alle 4:15 transitava sopra i cieli della Giordania e di Israele. Tra i capi di Stato, ci si era accordati che il premier sul cui territorio fosse avvenuto il primo contatto avrebbe fatto “gli onori di casa”: certo non era un premio ambito. La premier israeliana e il re giordano, ospitati in un unico elicottero a segnalare l’amicizia ritrovata nel segno dell’abbandono dei vecchi “fanatismi religiosi” ̶ ora privi di senso dopo la “rivelazione aliena” ̶ si guardavano con finta cortesia, augurandosi l’un l’altro di essere «il fortunato». Molti commentatori speravano toccasse all’israeliana, donna molto colta e intelligente, in definitiva, un ottimo biglietto da visita.

Alle 4:30 i susseguentisi “bip” del segnale ormai non si distinguevano più l’uno dall’altro, tanto erano ravvicinati: un lungo, intenso, rintronante “bip” risuonava in tutte le case, le piazze, i bar della Terra, echeggiava nelle bocche aperte e accompagnava gli occhi spalancati del mondo sugli schermi che mostravano la navicella in discesa sulla Spianata delle Moschee di Gerusalemme, piena di elicotteri e assiepata di politicanti e militari. Nel momento esatto dell’alba, alle 6:38 spaccate (ora di Gerusalemme) il “bip” cessò tutto d’un tratto e la navicella toccò delicatamente terra, sollevando spirali di polvere. Rimase lì, nera, nella penombra violacea del mattino: la forma affusolata ne dissimulava solo parzialmente le dimensioni, che, a seconda dei commentatori, variavano tra i 35 e i 40 metri. Come nei migliori film di fantascienza, da un apertura creatasi quasi magicamente su un fianco, uscì una pedana dall’apparenza metallica, eppure dalle movenze molto plastiche. La tensione in tutto il mondo si tagliava col coltello: tutta Gerusalemme guardava dai balconi o dalle colline circostanti quel che stava accadendo senza fiatare. Clemente XV teneva il bicchiere di Porto fisso sulla bocca a inumidire le labbra. Nel silenzio anche degli studi televisivi, dalla navicella avanzò camminando bipede una figura decisamente umanoide, solo molto alta. Era coperta da una sorta di tuta spaziale dalla testa ai piedi. La premier israeliana stava impettita a una ventina di metri. Appena ebbe modo di osservarlo meglio, le corse un brivido lungo la schiena. Le venne infatti spontaneo un pensiero che però respinse immediatamente: no, non era possibile, si disse insieme, senza saperlo, a Clemente XV. L’umanoide si fermò di fronte alla premier israeliana, alzò le braccia e si svitò il caschetto. Tutta Gerusalemme, ma si può dire tutto il mondo, dopo aver trattenuto il fiato, alzò un esclamazione di sconcerto. L’umanoide aveva delle fattezze assolutamente umane. Era, in effetti, un bell’uomo sui trent’anni, dalla carnagione olivastra e lineamenti virili, con barba e capelli lunghi castano chiari, e gli occhi color nocciola. Oltre a poche sillabe sconnesse, nessuno al mondo riusciva a dire niente. D’altra parte ci pensò l’umanoide a rompere il ghiaccio. In perfetto ebraico antico si rivolse alla premier «Sei tu il Gran Sacerdote del Nostro Salvatore Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo?». In tutto ciò, il fatto più ironico era che, fra i presenti, era proprio la premier israeliana l’unica che avrebbe potuto comprendere l’umanoide, oltre che ̶ per quanto a duemila chilometri di distanza ̶ il non meno erudito Papa Clemente XV, che, infatti, sputò il Porto sul tappeto antico davanti sé.

È facile comprendere in che stato di agitazione caddero i commentatori internazionali, nel tentativo di interpretare l’indefinibile espressione della premier in risposta a quelle parole, che nessun decriptatore televisivo d’accatto riusciva anche solo a intuire in che lingua fossero. Alla domanda la premier rispose di no. Per nulla scoraggiato, l’umanoide le porse allora una versione ologrammatica di un mappamondo, chiedendole di indicare dove potesse trovarlo.


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