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FM 1E9

  • Immagine del redattore: Pietro Calore
    Pietro Calore
  • 8 lug 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 13 gen 2021


L’Elefante Capo, la matriarca Kichwa, capì presto di trovarsi a capitanare un’esigua opposizione nell’Assemblea. D’altra parte sapeva bene, tanto quanto la Sequoia, di poter far leva sull’esigenza dell’unanimità per tentare, per lo meno, di frenare questa scelta che le pareva, per usare un eufemismo, avventata. Doveva agire in fretta. Prese allora la parola per prima «Onorevoli Intelligenze, credendo con ragione di parlare a nome di mammiferi e uccelli, e di una parte degli Octopodidae ‒ l’Assemblea tornò in un trepidante silenzio ‒, propongo di sospendere i lavori dell’Assemblea…».

Le grida della maggioranza interventista, a quel passaggio, si levarono di nuovo ancor più assordanti. Ma Kichwa non demorse e alzò il tono «…almeno finché il messo gabbiano non ci porti nuove informazioni, in modo tale da permettere, inoltre, ad ogni gruppo di valutare in autonomia la proposta di “emendamento” della Grande Sequoia. Vi supplico di credere al totale disinteresse della nostra proposta: nessuno più di noi elefanti avrebbe buone ragioni per sterminare certi, e sottolineo “certi”, esseri umani…». A questo punto costrinse anche i più riottosi interventisti a tacere, indicando i consiglieri con le zanne tranciate. «Ma proprio in nome della nostra intelligenza affermiamo fin d’ora di non sentirci di generalizzare un eventuale intervento violento. E rivolgiamo un appello anche a tutte le Vostre Intelligenze perché ci seguiate su questa linea».

Tra la costernazione degli interventisti e propria, la Sequoia Capo accolse la richiesta di moratoria della matriarca Kichwa: in fondo, si disse, si trattava solo di procrastinare di pochi minuti quel che le pareva un approdo inevitabile. Tuttavia il gabbiano tardava.

Frattanto Anastasios se ne stava seduto sul gradone della pedana degli oratori, con la faccia stretta tra le mani, inumidite dal pianto. Per terra, di fianco a lui, accanto alla borsa di pelle che l’aveva custodita, stava, ancora calda, la pistola. I cinque presidenti e Cox giacevano esanimi, imbrattati di sangue, al proprio posto, tranne il presidente francese, steso per terra là dove si era interrotto il suo disperato tentativo di fuga. In stato di shock, lo scienziato aveva continuato a ripetersi l’ultima frase con la quale, nella concitata discussione che era sorta al termine delle sua presentazione, aveva provato a convincere in extremis i capi di stato «Voi non potete… voi non potete… voi non potete…».

Ad un tratto, Anastasios sentì alle sue spalle attivarsi l’ascensore. Tornò allora in sé, gettando subito un’occhiata alla pistola «Te ti ho portata invece… ti ho portata… ti ho portata…». Con estrema agilità la afferrò assieme alla valigetta, nascondendosi dietro la pedana. La ricaricò: era pronto a tutto. Quindi la puntò verso l’ascensore, sbirciando da dietro il gradone. Quando questo si aprì, vide i due militari che prima lo avevano scortato ma non sparò: erano immobili, come se qualcuno li tenesse su per il coppino. In effetti, passato qualche secondo, i due corpi caddero a terra a peso morto, lasciando entrare nella stanza un gabbiano circondato da volpi bianche. Non riusciva a credere ai propri occhi. Il gabbiano e le volpi si fermarono a qualche metro da lui, fissandolo intensamente. Per un istante gli parve che il gabbiano avesse fatto l’occhiolino guardando verso il soffitto «Devo essere proprio scioccato» pensò. Alzò la pistola verso l’alto in segno di disponibilità al… dialogo? Il gabbiano, come dando ad intendere di aver capito, guardò allora una volpe, la quale subito si avvicinò allo scienziato, lasciandogli alla giusta distanza perché potesse afferrarlo, uno strano aggeggio arancione. La volpe si toccò un orecchio.

«Vuoi… vuoi che… me lo metta…?» disse Anastasios ancora più incredulo.

La volpe annuì col capo, per lo stupore sommo dello scienziato.

«Ah… Oook…» se lo mise.

Il gabbiano si fece avanti e, in un modo che neppure lo scienziato seppe spiegarsi, parlò «Dottor Anastasios, deve venire con noi, ne va della sopravvivenza della sua specie». Poi, dopo aver dato un’occhiata allo scenario che lo circondava, si girò vero le volpi «Ragazzi, avvertite il Capo Kichwa: abbiamo trovato il Sapiens giusto».


LA FINE


 
 
 

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