Marchetti si indicò la fronte ticchettandola con l’indice ossuto «Se non fosse stato per il Fenomeno, avremmo anche potuto accettare la consolante opzione proposta da molti miei colleghi, anche qui presenti, ma… siamo uomini di scienza e dovevamo attenerci ai fatti! il Fenomeno rimaneva ancora da chiarire fino in fondo, per cui la Comunità Scientifica aveva incaricato noi Pari di focalizzarci su di esso, per escludere in modo assoluto che potesse avere qualche attinenza con il “problema del mondo”. Lei sa, Signora Commissaria, che le leggi della natura sono fondamentalmente un fatto probabilistico: non indicano mai l’assoluta necessità che un evento fisico si verifichi ma la sua probabilità. Ebbene, glielo dico brutalmente. Gli esiti dei nostri studi dimostrano in modo inconfutabile che le menti umane violano le probabilità che le leggi, da noi in questi anni delineate con esattezza, indicherebbero per delle normali “bio-intelligenze” (anche se più complesse delle altre).
Studiando a fondo la natura biologica, chimica e quanto-meccanica dei cervelli animali e umani, abbiamo compreso a pieno come funzionino e quali processi neuronali regolino i sentimenti, il carattere, il linguaggio ecc. Tuttavia per i cervelli animali siamo riusciti a elaborare, sia a livello individuale che sociale, dei modelli efficaci per descriverne e predirne, con un minimo scarto di imprecisione, l’evoluzione dei comportamenti. Invece per i cervelli umani siamo giunti a poco o nulla. Siamo riusciti a inserire i “modelli animali” in calcolatori in grado di apprendere, e così a produrre animali-droidi indistinguibili da quelli reali, con un buon camuffamento. Invece nessuna intelligenza artificiale è mai diventata davvero “umana”… se non per approssimazione e comunque… nella sostanza… mai più di un pappagallo ben addestrato. Questo perché (ora lo possiamo dire con certezza) al livello elementare, quantistico, le funzioni d’onda di certi scambi biochimici tra neuroni collassano in modo “anomalo”, violando le probabilità che prescriverebbe loro l’equazione di Schrödinger».
La Commissaria sbiancò: cominciava a capire dove volesse arrivare a parare.
«Tali collassi “impazziti” o “liberi” (!), se preferisce ‒ riprese Machetti, soddisfatto dalla visibile reazione della Commissaria ‒, coinvolgono proprio gli scambi chimici di quelle aree neuronali a capo delle nostre facoltà coscienti che dimostravano il comportamento più anomalo nei calcolatori che avevamo tentato di programmare come cervelli umani, nella vana speranza che producessero gli stessi out-put. All’epoca ci chiedevamo come fosse possibile che a identiche strutture fisiche sottoposte a medesimi in-put conseguissero out-put diversi. Ora siamo in grado di spiegarcelo. Si dà il caso che il “principio del collasso della funzione d’onda” sia un fatto fisico del tutto peculiare del nostro universo (da quel che sappiamo): esso, come fenomeno, è assolutamente evidente ma, in effetti, nel suo verificarsi, non pare determinato da alcun’altra legge o ente fisico. La Comunità lo ha affiancato agli assiomi della matematica come aspetto elementare del nostro universo. E questo senza che tutti noi ci scomponessimo troppo: esso era sempre parso andare a braccetto con l’equazione di Schrödinger. Invece, in merito alla Coscienza umana… beh fa le bizze! Dimostrando così non solo di poter violare la matematica cui pareva obbedire ma anche (fatto ancor più singolare) di “scegliere” dove farlo… solo nella nostra testa e in nessun’altra struttura fisica, per quanto affine!
Ecco, Signora Commissaria, questo è quanto. La Coscienza umana non è più comprensibile degli assiomi che viola. Dobbiamo considerare la possibilità che esista qualcosa dietro gli assiomi e le definizioni della matematica, e oltre il “principio di collasso” che, fondandoli, ne renda possibile la violazione».
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