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Immagine del redattorePietro Calore

FM(C) 2E4

Aggiornamento: 11 apr 2022


«Ci sono! ‒ si disse Ian fremendo ‒ Sono dentro Quanto!». Ciò significava tante cose. Lo sapeva meglio di chiunque altro al mondo. La sua mente ora si trovava in uno stato intermedio tra la permanenza e il distacco dal corpo: poteva librarsi all’interno della super intelligenza di Quanto, il computer quantistico che aveva collaborato a portare a termine, e di cui si era creato a proprio uso e consumo un accesso da remoto lì al “rifugio”, ma per esistere dipendeva ancora dal supporto fisico del proprio cervello biologico. Poteva ancora tornarci stabilmente, se avesse voluto, ma il desiderio irrefrenabile ormai era un altro, doveva solo trovare quell’ultimo po’ di coraggio per fare il grande salto. Si stava ancora tormentando tra sé e sé quando tornò a concentrarsi sullo spettacolo che si apriva “davanti" a lui.

Come uno spirito dalla fine consistenza, galleggiava nel vuoto dell’universo interstellare. Poteva vedere una galassia dagli incredibili colori sgargianti e variegati e tutto d’intorno a sé una distesa sterminata di puntini luminosi, che sapeva non essere stelle bensì altre galassie, come nelle panoramiche delle foto dei telescopi interplanetari.

Quanto, insieme a un altro computer quantistico in territorio israeliano, Wave, era stato concepito quale secondo cuore “alternativo” della Rete Informatica Globale, per volontà congiunta delle massime autorità politiche e militari europee e americane. Esso avrebbe dovuto supplire a eventuali “problemi” insorti al primo: in altri termini costitutiva un “piano b”. Perciò era segreto. Segreto anche per buona parte della Comunità Scientifica: persino i Pari non ne conoscevano a pieno il livello di sviluppo. La sua costruzione, più ancora di quella di Wave, era stato un fatto puramente politico: si voleva sottrarlo a sguardi tecnici troppo “puristi”, anche per questo era stato affidato a Ian, un ideologo in fondo. Inoltre la lunga mano del blocco sino-russo avrebbe potuto giungere fino in medio oriente ma non nel Nevada, e in una base così ben occultata.

Wave doveva operare l’ultima, definitiva, centralizzata implementazione quantistica della Rete Globale, accrescendone così la potenza in termini esponenziali. La civiltà umana, almeno quella laica, scientista, progredita dell’Occidente era sul punto di trionfare, di fare il salto dal grado 0 al grado 1 di Kardašëv. L’intera energia del pianeta Terra sarebbe finita sotto il suo controllo, o meglio, sotto l’infinita capacità di calcolo di Wave e delle élite politiche che l’avevano voluto: i moti atmosferici, marini, tellurici, perfino sociali… tutto. La fittissima Rete Globale, ormai innestata e connessa in ogni persona, casa, ufficio e macchinario solcante le altezze dell’atmosfera o le profondità oceaniche e tettoniche, sarebbe di lì a poche ore entrata nell’infinita capacità di calcolo di Wave. Il supercomputer avrebbe impiegato poco tempo a concepire nuovi metodi di gestione e ‒ chissà ‒ produzione dell’energia su scala globale, concentrandola là dove sarebbe servita per mobilitare ingenti forze di lavoro robotiche. Con queste avrebbe quindi perfezionato all’inverosimile, su scala mai vista, l’addivenuto obsoleto Sistema di Controllo Globale. In tal modo, da quel momento avrebbe piovuto dove avrebbe voluto Wave, ci sarebbero stati terremoti dove avrebbe voluto Wave… in definitiva avrebbe governato il mondo chi avrebbe voluto Wave. Certo, dietro Wave ci sarebbero state le autorità democratiche del mondo Occidentale, o almeno così dicevano queste alle opinioni pubbliche: ma i tempi erano ormai maturi ‒ pensavano invero tutte costoro ‒ perché anche la democrazia fosse superata, in direzioni che proprio Ian aveva predetto nei suoi saggi, e a cui lui intendeva risolutamente prendere parte, che quelle lo volessero o meno.


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