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  • Immagine del redattorePietro Calore

FM(C) 2E5

Aggiornamento: 11 apr 2022


Tutti questi pensieri erano corsi nella mente in Ian in una frazione di secondo, lasciandogli una sensazione di amarezza e al contempo di eccitazione di cui voleva disfarsi in fretta: «Ho un intero universo da esplorare a disposizione della mia mente, fanculo ogni altra cosa per ora! Rilassiamoci». La mente di Ian si interfacciava con Quanto spontaneamente, come se l’uno fosse trasparente per l’altro: ogni desiderio di Ian si realizzava, all’interno del mondo in apparenza del tutto reale e concreto, simulato dal supercomputer. Alla velocità del pensiero Ian potè esplorare ogni sorta di sistema planetario e stellare, arrivando fino ai cuori di stelle, pianeti, asteroidi di ogni genere, senza correre alcun rischio per la propria incolumità. La meraviglia che provava era un’esperienza del tutto nuova per la particolare condizione di incorporeità in cui la viveva, oltre che, ovviamente, per l’assoluta straordinarietà degli scenari che gli si palesavano davanti, di cui più che con qualsiasi telescopio riusciva a esperire la vera consistenza. Non osava avvicinarsi ai buchi neri: nonostante tutto gli ispiravano ancora un timore arcano. Ma il punto non era solo questo per Ian, da anni abituato a temperare i propri sentimenti con la riflessione metodica. Quei mostri interstellari rimanevano ancora un mistero per la scienza: la fisica non era ancora giunta a unificare la meccanica quantistica e la relatività einsteiniana, per cui non si sapeva ancora nulla di ciò che accadesse oltre l’orizzonte degli eventi, al loro interno. Sicché Ian, immaginando nei suoi saggi proprio ciò che stava vivendo allora, di veleggiare per un universo simulato da un supercomputer, si era posto spesso questo dilemma: un computer quantistico sarebbe riuscito a simulare i buchi neri, o questi sarebbero rimasti come dei bug nella sua rappresentazione del reale, così come lo sono per noi, al nostro stato attuale delle conoscenze? La sua incredibile capacità di calcolo sarebbe riuscita a risolvere da sola il loro mistero? In altre parole: se lui, Ian, in quel momento, si fosse tuffato in uno di essi, ci sarebbe semplicemente passato attraverso o ci sarebbe entrato? E se ci fosse finito dentro, pur in quella condizione incorporea, ne sarebbe uscito? In generale Ian, esplorando quell’universo fittizio, non risentiva degli effetti relativistici dovuti alla velocità con cui si spostava o al variare dei campi gravitazionali in cui si muoveva: il tempo per lui scorreva comunque come nel mondo reale, fuori dal computer; ma che dire dei buchi neri? Cosa ci si poteva aspettare che accadesse entrando in corpi così misteriosi? La prudenza imponeva di evitare passi falsi ora che si era in dirittura d’arrivo per il Sogno.


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