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Immagine del redattorePietro Calore

FM(C) 2E7

Aggiornamento: 11 apr 2022


Man mano che scendeva verso la superficie, l’attenzione di Ian fu catturata dagli insoliti movimenti lungo le coste dei continenti, che dopo non poca incertezza, con suo sommo stupore, si rivelarono presto per quello che erano: le rapide corse di sinuosi mezzi di trasporto simili a treni. Questi correvano sulle spiagge, o ad appena pochi chilometri nell’entroterra, tuffandosi ed emergendo con frequenza regolare dentro e fuori anguste gallerie dalla profondità difficile da valutare. Erano talmente tanti e talmente affastellati l’uno sull’altro da rassomigliare al brulichio di una massa di vermi: pur in quello stato disincarnato, a Ian parve di sentire un brivido lungo la schiena al solo pensiero di questa analogia. I bagliori metallici lo tranquillizzavano sulla natura non organica di quegli oggetti ma certo, non si può dire che non continuassero a fargli una certa impressione.

Al di là dei “treni”, non sembravano esserci altri segnali evidenti di vita intelligente. Dove erano tutti? Si chiedeva Ian, divertendosi a parodiare il celebre “Paradosso di Fermi”. Pensò che avrebbe potuto risolvere facilmente quel dilemma rivolgendosi direttamente a Quanto. Voleva incontrare personalmente uno degli abitanti di quel mondo. Il supercomputer lo condusse allora nel sottosuolo: sorvolò enormi grotte, ad ogni evidenza artificiali per le forme geometriche e le grandi strutture di tubazione che ne ricoprivano le volte, sul cui fondo si estendevano città come ricavate dal terreno, simili a un grande formicaio diffuso. Infine si avvicinò a un suo abitante: «Oddio oddio che emozione! Sto per avere il primo contatto del quarto tipo della storia umana… beh… diciamo… simulato ma… al diavolo, sembra vero! Ma poi, c’è davvero differenza?». Quest’ultima domanda lo turbò, come lo aveva turbato nei suoi best seller.

Ma non c’era più tempo per pensare: si trovava ora faccia a faccia con un alieno! Decise di non “disturbarlo” subito, ma di osservarlo per un po’: stava infatti “camminando” per “strada” (?).

Che dire? Il suo aspetto lo impressionava parecchio: sembrava l’evoluzione di un qualche animale anfibio, dalla pelle traslucida, umido e molliccio, eppure anch’egli bipede; aveva quattro occhi, una fessura simile a una bocca all’altezza del petto, e delle braccia filiformi (difficile dire quante); sulla testa portava una sorta di ampio cappello mentre sul resto del corpo non indossava apparentemente alcun altro capo di abbigliamento. Ian si soffermò per un certo tempo alla ricerca degli organi genitali ma invano: «Si accoppieranno come le rane» pensò.

L’alieno salì su uno di quei misteriosi treni, carichi di suoi simili. Sembravano portargli una qualche forma di reverenza: «le cose si fanno interessanti!» si disse Ian emozionato. Lo lasciavano passare davanti a tutti nelle file o per accomodarsi sugli strani “sedili” a trespolo. Inoltre mantenevano sempre da lui una certa distanza, nonostante l’affollamento. Parve ad Ian, addirittura, che il treno dov’era salito si fosse fermato apposta per farlo scendere su una spiaggia. Non ne aveva infatti visti altri fermarsi fuori dal sottosuolo, e dal treno scese solo lui. L’alieno si contrasse su se stesso come per rimpicciolirsi e godere su tutto il corpo dell’ombra del cappello. Strisciando sulla sabbia, si avviò verso una selva di arbusti un po’ più folti di altri, a ridosso del mare: vi ci si infilò sotto e si distese, in una smorfia che sembrò chiaramente ad Ian di puro piacere.

Quasi gli dispiaceva doverlo disturbare, ma alla fine Ian si decise a parlargli.


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