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Immagine del redattorePietro Calore

FANTAQUESTIONE n°37

Aggiornamento: 17 set 2022

Siamo soli?


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In questi mesi si fa un gran parlare di UFO, alieni ecc. per via dei molti documenti desecretati dagli Stati uniti [1] in merito a presunti avvistamenti e incidenti che avrebbero coinvolto le forze armate statunitensi e oggetti volanti non identificati. D’altra parte, al di là del fatto contingente, proprio in questi anni le ricerche scientifiche di vita extraterrestre hanno fatto salti da gigante [2], con l’avvento di nuove e più avanzate tecnologie montante su telescopi orbitali e sonde, e non sono in pochi in questo ambito ad aspettarsi novità ‒ meno clamorose rispetto agli UFO ma comunque molto rilevanti e sicuramente più concrete ‒ di qui a pochi anni.

La combinazione disposta di tutti questi elementi impone alla Chiesa Cattolica di affrontare in modo serio il tema della vita extraterrestre nelle sue ricadute teologiche.


Dal momento che ad oggi non abbiamo dati concreti che indichino una risposta positiva o negativa alla nostra Fantaquestione, argomenterò in questo modo: innanzitutto proverò a mostrare come la teologia possa inquadrare il tema della vita extraterrestre considerando la fondamentale differenza tra vita intelligente e non intelligente; quindi proverò a fare una previsione su quello che potremo aspettarci di trovare presupponendo ‒ come da cattolici dobbiamo credere ‒ che la teologia cattolica sia vera, e quindi possa dire qualcosa di vero sul mondo, pur con le dovute cautele (vedi Fantaquestione26).



PARTE PRIMA


Ogni sano discorso cristiano circa il tema della vita extraterrestre deve partire da un dato di fatto tanto brutale quanto inoppugnabile: è un tema del tutto extra-biblico. In altri termini: la Bibbia né nel Nuovo né nell’Antico Testamento lo tratta mai in modo esplicito. Non sono mancati tentativi di leggere alcuni passi biblici come il Salmo 23 o Gv 10, 16 nel senso di una allusione ad esso ma, al di là di ogni forzatura ermeneutica, il dato chiaro della Rivelazione Biblica è che né Dio né Gesù Cristo ci hanno mai parlato di alieni, vita extraterrestre ecc.

Da ciò si dovrebbe forse dedurre che, a fronte di un tale silenzio, dovremmo disinteressarci della cosa: Dio Stesso sembra averci suggerito di farlo. Credo sia più che legittimo vederla così sul piano della conduzione delle singole vite di fede, che non dovrebbero mai venir turbate da pensieri e riflessioni di tal fatta, pensieri che confinano più con la soddisfazione di morbose curiosità umane piuttosto che con una sana ricerca della Verità, tutta già ben contenuta dalla Rivelazione a noi nota, come ha ribadito il Concilio Vaticano II (Dei Verbum §2).


D’altra parte, lo stesso disinteresse non potrebbe mai essere fatto proprio da chi ‒ come il sottoscritto e a maggior ragione l’Autorità ‒ si occupa di ragionare in termini speculativi attorno al patrimonio della fede, in una modalità quindi non riducibile a una pura contemplazione di verità immobili ma attiva anche nel senso di un loro approfondimento e di una loro messa in relazione con l’avanzamento della conoscenza umana (come ho già avuto modo di mostrare con la Fantaquestione30). Per cui, prima di lasciare nel cassetto la questione “vita extraterrestre”, occorre capire che oggi non è più possibile farlo, dal momento che l’opinione pubblica cattolica percepisce (senza capire fino in fondo il perché) che una eventuale scoperta di vita fuori dalla Terra impatterebbe sulla propria fede. E a buon diritto!

Finché la vita extraterrestre, a motivo dell’impossibilità concreta di indagarla e cercarla, non risultava un tema rilevante per l’umanità (per quanto ne favoleggiassero già Epicuro e Giordano Bruno) la si poteva tranquillamente ignorare anche dal punto di vista teologico e limitarsi a constatare il disinteresse biblico: oggi non è più così e bisogna mettere mano all’armamentario teologico che possediamo per vedere cosa può dirci sul tema e, eventualmente, se è pronto a prenderlo di petto. Questo per il bene di tanti fedeli che si pongono oggi più di un interrogativo in proposito.


D’altra parte, lo stesso disinteresse non potrebbe mai essere fatto proprio da chi ‒ come il sottoscritto e a maggior ragione l’Autorità ‒ si occupa di ragionare in termini speculativi

Fissiamo un primo punto: per il Cristianesimo con “vita intelligente” non si può intendere ogni manifestazione della vita che dimostri una qualche capacità di ragionamento, problem solving, comunicazione… bensì solo e soltanto quelle manifestazioni della vita che dimostrino di possedere il libero arbitrio, il quale conferisca loro il titolo di persone, ossia di agenti morali capaci di relazionarsi in modo libero e meritorio con gli altri e con Dio. Per la Fede, quindi, i delfini, gli elefanti, i mammiferi superiori, gli uccelli o gli insetti eusociali ‒ giusto per fare degli esempi ‒ non sono dei rappresentanti di “vita intelligente”, bensì solo alcuni esempi di quel fenomeno naturale che potremmo chiamare “vita bruta”: una vita non solo per grado ma qualitativamente ‒ dal punto di vista ontologico! ‒ diversa da quella “intelligente”.

Per la Fede, infatti, se da un lato ogni essere vivente non libero si costituisce di natura puramente materiale, motivo per il quale si trova a sottostare alle rigide leggi della natura, noi uomini, invece dall'altro, possediamo quella che siamo soliti chiamare sinteticamente “intelligenza”, in virtù del fatto che la nostra natura è materiale E spirituale assieme, ovvero composta da corpo ed anima: il che ci permette di sganciarci in una certa misura dai vincoli della materialità e di essere partecipi della natura divina ‒ che è appunto spirituale ‒ e di tutte quelle sue qualità (la libertà in primis) che appunto ci rendono eccellenti, "intelligenti" rispetto al resto del “bruto” creato.


Da questa considerazione fondamentale consegue che per il Cristianesimo l’universo potrebbe pullulare di vita bruta e non si porrebbe alcun problema: pullulerebbe di vita come già pullula di asteroidi, stelle, pianeti… Dico di più. Potrebbe anche pullulare di forma di vita apparentemente molto intelligenti, capaci addirittura di costruire attrezzi, fare di conto (come già fanno non solo molti uccelli e mammiferi nostrani, ma anche i computer da noi stessi costruiti) e magari perfino in grado di studiare la natura e viaggiare nel cosmo (ammesso e non concesso che l’assenza dell’anima renda possibili certe facoltà intellettive superiori): se non si dimostrassero più liberi di un’ape o di un sasso, non costituirebbero alcun problema per la Fede Cristiana.

Come comprendere se sarebbero liberi o meno? Occorrerebbe verificare che possedessero i concetti di “bene” e “male”, e che fossero capaci di compiere l’uno e l’altro alla luce della loro consapevolezza.

Ciò detto, ad oggi non siamo minimamente in grado non solo di sapere, ma neppure di prevedere scientificamente quale e quanta vita bruta popoli l’universo [3]. Alcuni ‒ tra cui diversi scienziati ‒ ci metterebbero la mano sul fuoco: io sono dell’idea che, dal punto di vista scientifico, sappiamo troppo poco dell’universo per potergli attribuire con leggerezza anche solo un minimo grado di abitabilità; e che quindi non è così folle pensare che la vita terrestre rappresenti la prima concretizzazione in esso di una bassissima probabilità statistica, il primo evento biologico in questi suoi primissimi 14 miliardi di anni di vita (rispetto alle migliaia di miliardi che lo aspettano).


per il Cristianesimo l’universo potrebbe pullulare di vita bruta e non si porrebbe alcun problema

Problemi teologici di tutt’altra levatura sorgerebbero se dovessimo mai incontrare esseri extraterrestri liberi, personali.

Innanzitutto verrebbe da chiederci perché Dio non ce ne abbia mai parlato e si sia limitato a farci conoscere gli angeli come altri esseri personali oltre a noi.

In secondo luogo, secondo alcuni, dovremmo mettere in serio dubbio l’esistenza stessa del nostro Dio, almeno così come crediamo che ci si sia rivelato. Vediamo perché.

A voler credere nella dottrina cristiana dell’incarnazione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, pare di dover dedurre che Questi nella sua missione terrena sia venuto a salvare solo l’umanità terrestre: in primo luogo, perché ‒ come definisce il concilio di Efeso del 431 d.C.‒ Egli ha assunto su di sé la sola natura umana oltre a quella divina [4], come dice anche S. Paolo in Fil 2, 6-8 e Eb 10,5-7, citando Sal 40,6-8; in secondo luogo, perché è un dato di rivelazione certa che Egli non si sia incarnato più volte ‒ come dice chiaramente sempre S. Paolo in Rm 6, 10 e Eb 9, 26 ‒ cosa che a questo punto sarebbe necessaria volendo pensare ad una salvezza anche per gli alieni.

Insomma, se Gesù Cristo è morto e risorto una volta soltanto e ha assunta su di sé la sola natura umana (piuttosto che venusiana, marziana, vegana ecc.), da ciò alcuni deducono che fosse previsto ab aeterno, cioè nella dimensione dell'eternità, da Dio che solo la natura umana fosse da redimere e nessun’altra. Ora, se si scoprisse che nell’universo esistono altre nature materiali-spirituali (ovvero “intelligenti”) come la nostra, si creerebbe un paradosso dentro la teologia cristiana (non solo cattolica).

Forse che Dio le abbia create libere di peccare ma negandosi la possibilità di redimerle? Impossibile: sarebbe un atteggiamento cinico, crudele, contrario all’essenza di Dio che è assieme Amore e Giustizia.

Allora forse che Dio le abbia create sapendo già che non avrebbero peccato e che quindi non avrebbero necessitato di una redenzione? Parrebbe impossibile: per quanto Dio sia onnisciente a livello dell’eternità, a livello del tempo il suo amore infinito si manifesta proprio nel rendere le proprie creature assolutamente libere di amarLo o meno, ovvero sempre nella possibilità di peccare. Pertanto Dio non potrebbe essersi assunto il rischio di creare creature irredimibili per quanto potenzialmente peccatrici!


D’altra parte la questione non è così facile (ne ho già parlato nella Fantaquestione31). Da credenti, infatti, dobbiamo tenere per vere entrambe le seguenti affermazioni, apparentemente contraddittorie: che Dio è onnisciente, ovvero che Egli effettivamente conosca dall’eternità (Ef 1, 4) ogni dettaglio della storia del Creato (non per nulla nella Bibbia non lesina profezie); e che la libertà di amarLo o meno di ogni creatura personale nel tempo deve essere assoluta, pena la non reale personalità di tale creatura.

Come si tengono assieme queste due affermazioni? Si tengono assieme comprendendo che a livello dell’eternità divina non esiste un prima e un poi, per cui Dio conosce nell’eternità ogni evento così come un uomo può conoscere tutta la trama di un film avendone svolta davanti a sé la pellicola: Dio quindi conosce nell’eternità ogni evento ‒ anche la determinazione libera di ogni ipotetica creatura personale sia umana che non ‒ perché li ha tutti davanti a sé in un costante presente, che non si colloca né prima né dopo rispetto ad ognuno, ma “in contemporanea”.

Pertanto affermare che Dio “sappia prima” come si determini la libertà di una creatura personale (umana o non umana poco importa) è una affermazione che risente inevitabilmente di un errore di prospettiva e quindi non può che risultare fuorviante e pericolosa per la fede.

Se la si afferma con riferimento al livello dell’eternità, perde di senso e induce a credere ad un errore, dal momento che nell’eternità non c’è né prima né poi: lì Dio lo sa e basta e non c’è modo di porre un legame di alcun tipo tra questa sua cognizione e il tempo in cui si svolge ogni atto libero (di precedenza come di posteriorità), se non una perenne contemporaneità; se invece la si afferma con riferimento al livello del tempo, perde comunque di senso e induce comunque ad un errore, perché Dio non vive nel tempo: per cui, se è giusto dire che Egli nell’eternità sappia come ogni essere personale agirà, tuttavia non è corretto comprendere questa sua “cognizione eterna” come precedente nel tempo alla concreta realizzazione di qualunque atto libero. Cosa che invece banalizza l’affermazione di cui sopra, non riconoscendo lo scarto tra i due piani ontologici e inducendo inevitabilmente a pensare ‒ vedasi Calvino ‒ che la vita di ogni creatura personale sia già stabilità al di là della sua libertà, quando non è vero!

Proviamo a fare un esperimento mentale: se il capostipite, l’Adamo, di una tale razza personale, non umana tirasse Dio giù dal cielo e gli chiedesse se peccherà o meno, Questo cosa gli risponderebbe? Io credo più o meno così: «Guarda, qui nel tempo, io, nella mia onnipotenza, mi sono auto-dato il limite [vedi Fantaquestione22] di non poterlo decidere, quindi qui ed ora mi deriva anche il limite di non saperlo: so per certo però che dipende da te».


a livello dell’eternità divina non esiste un prima e un poi

Come possiamo comprendere quindi, noi creatura temporali, l’agire di Dio? Dobbiamo smettere di ragionare in termini di “prima” e di “poi” e piuttosto sforzarci di comprendere la profonda unità di eternità e tempo grazie al concetto di “provvidenza”: qualunque cosa accada, sia di bene che di male, ovvero qualunque decisione venga presa da ogni creatura personale, dobbiamo pensare che lo sia in modo del tutto autonomo e libero, e che Dio nell’eternità, nel medesimo eterno istante in cui ha creato quegli esseri liberi e ha preso conoscenza delle loro scelte nella loro vita temporale, grazie alla propria onnipotenza, ha trovato/trova di volta in volta (non si può dire in modo distinto) un modo per cui tutto, alla fine, comunque si accomoda e si compone nel massimo bene possibile.


In altri termini ‒ pena il non-senso logico di cui sopra ‒ dobbiamo smetterla di credere di poter dedurre il senso di ciò che accade nella storia da Sue (spesso presunte) “previe” decisioni nel piano dell’eternità, e imporci piuttosto di aspettare a comprendere cosa Dio nell’eternità abbia deciso/decida, proprio alla luce di ciò che Egli concede che accada nel tempo per mezzo della nostra libertà: tutti eventi che, se accadono, devono essere necessariamente al contempo inseriti in un eterno piano provvidenziale massimamente buono, che così man mano comprendiamo.


Ovviamente questa operazione assume connotati differenti in base alla solidità dogmatica di certe “decisioni” divine. Se sono certe, il procedimento sarà circa il seguente: che Dio abbia voluto creare l’uomo è certo; smettiamola di chiederci “Ma se Dio sapeva che Adamo avrebbe peccato, perché lo ha creato?” bensì comprendiamo che, se l’ha creato pur sapendo che poteva peccare e che avrebbe peccato, è perché Lui sapeva anche di poter trarre da ciò un bene per lo meno pari al non crearlo. E noi chi siamo per obbiettarGli niente?


In modo analogo, tornando alla nostra Fantaquestione, ritengo non abbia più senso la precedente argomentazione.

In merito al tema della vita intelligente extraterrestre e al problema che pone circa il tema dell’Incarnazione, volendo adottare uno sguardo non sfalsato, che conservi, da un lato, la solidarietà dei piani ontologici dell’eternità e del tempo, e dall’altro salvaguardi l’onniscienza di Dio e il libero arbitrio ‒ tutti dati, questi sì, ben dogmaticamente definiti ‒ l’unica cosa che ha senso fare è invertire la prospettiva: non giudicare l'agire di Dio secondo una nostra idea di quel che avrebbe dovuto fare ma sforzarci di comprendere l’agire di Dio in un’ottica provvidenziale.

Non ha senso, infatti, dire che Dio, non potendo “sapere prima” il peccato di una creatura personale, allora non si sarebbe assunto il rischio di crearne altre oltre l’uomo, sapendo di non poterle redimere. Piuttosto, dobbiamo tornare sull’idea ‒ non dogmaticamente definita!‒ che l’incarnazione nella natura umana da parte di Cristo dovrebbe indurci a credere che Egli abbia redento solo quella, e dobbiamo ammettere che, in verità, per comprovarla, è bene che ci rimettiamo all’esperienza concreta, empirica e alla sua coerenza con un agire provvidenziale di Dio: se non incontreremo altri esseri personali liberi o li incontrassimo tutti incorrotti, sarà confermata, nel senso che significherà che Dio, nell’eternità, non è dovuto intervenire provvidenzialmente per altri che noi; nel caso invece che ne incontrassimo altri e di corrotti come noi, allora sarà smentita, perché vorrà dire che Dio nell’eternità è dovuto intervenire provvidenzialmente per altre creature personali temporali. Come? Redimendo anch’esse nella carne umana di Cristo, nel Suo sacrificio unico e per sempre, il che è e resta un dato dogmatico, a meno che Dio non ci abbia taciuto altre incarnazioni della Seconda Persona Divina.


Come possiamo comprendere quindi, noi creatura temporali, l’agire di Dio? Dobbiamo smettere di ragionare in termini di “prima” e di “poi” e piuttosto sforzarci di comprendere la profonda unità di eternità e tempo grazie al concetto di “provvidenza


PARTE SECONDA


Tracciato il quadro teologico proviamo a fare qualche previsione.

In merito alla “vita bruta”, credo possa ritenersi conveniente che l’universo ne abbondi, nell’ottica del Creato come dono di Dio all’uomo: con l’avvento della Gerusalemme Celeste e dei corpi gloriosi, il cosmo intero con le sue meravigliose creature potrebbe diventare una sorta di sterminato parco giochi per l’umanità redenta. Se vale il principio teologico per cui “quel che conviene, Dio lo vuole”, sarei addirittura spinto scommetterci.

In merito alla “vita intelligente” sono decisamente più titubante: il totale silenzio di Dio sulla questione non smette per me di rappresentare un forte disincentivo a impegnarmi in quella direzione.

Anche il fatto che Cristo si sia fatto uomo, per me, continua a rimanere un forte indizio di due che esista un rapporto biunivoco d’amore tra Dio e la razza umana, che non contempli la partecipazione di terzi in comodo.

Rapporto d’amore in nome del quale mi sembra ancor meno conveniente pensare che Gesù si sia concesso delle “scappatelle”, incarnandosi segretamente in altre razze personali. Se lo avesse fatto senza rivelarcelo, dovremmo dedurne che l'esistenza o meno di tali razze debba ritenersi del tutto ininfluente circa la nostra salvezza eterna. Per fede, infatti, noi cristiano crediamo che la Rivelazione Divina si sia conclusa con la missione terrena di Cristo: non possiamo credere, quindi, che ci abbia celato alcuna verità che avesse qualche valore ultraterreno per noi.

Certamente il modello della relazione tra Dio e il popolo ebraico prima, e i pagani dopo, lascia aperta la possibilità che Questi si relazioni con lo stesso amore prima con un insieme più ristretto, quindi più largo di creature personali, pur mantenendo una preferenza: in questo senso, Dio potrebbe aver manifestato in modo del tutto peculiare il suo amore con la razza umana rispetto alle altre, incarnandosi solo nella nostra, perché «il più piccolo di tutti i popoli» (Dt 7, 7), come ha già fatto con Israele. In questo senso, sarebbe da avvalorare l’idea per cui la razza umana sarebbe l’unica peccatrice in mezzo a un gran numero di razze migliori, sante, e che per questo Dio l’avrebbe guardata con maggior affetto. Sempre in quest’ottica, potrebbe aspettare l’umanità una qualche sorta di incontro con queste razze, un “grande abbraccio” universale, foss’anche nella Gerusalemme celeste.

Nel caso, invece, che anche altre razze avessero patito una corruzione, potrebbe esserci stato affidato l’incarico di evangelizzare l’universo, sempre ammesso che ogni razza non abbia già la sua Chiesa impiantata dal proprio Gesù venusiano ecc.

Al di là, tuttavia, dell’impraticabilità tecnica della cosa, rimane ancora il fatto, appunto, che nel libro della Bibbia preposto a parlarci proprio del futuro, l’Apocalisse, non si accenni a nulla di simile.


Concludo infine con una mia particolarissima opinione. Diversi esorcisti, tra cui l’arcinoto Padre Gabriele Amorth [5], hanno affermato che i fenomeni cosiddetti “ufologici” o di “rapimenti alieni” sono in realtà manifestazioni demoniache. Aggiungo a questa testimonianza il dato biblico:


(Ap 13, 11-14)

Vidi poi salire dalla terra un'altra bestia, […] Operava grandi prodigi, fino a fare scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini. Per mezzo di questi prodigi, che le era permesso di compiere in presenza della bestia, sedusse gli abitanti della terra dicendo loro di erigere una statua alla bestia che era stata ferita dalla spada ma si era riavuta.

(Mc 13, 22)

Allora, se alcuno vi dice: il Cristo eccolo qui, eccolo là, non gli credete. Perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti, e faranno gran segni e prodigi.

(Lc 21, 25-26)

Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.


Non vorrei che con l’aiuto di avanzate tecnologie e veri poteri preternaturali, fenomeni UFO e presunti contatti extraterrestri fossero un giorno usati dalle forze anticristiche sempre operanti nella storia per sedurre molti e allontanarli dalla fede in Cristo. E il risveglio dell’attenzione su questi temi negli ultimi anni, in particolare tra molti cristiani, non mi è di conforto.

Per concludere, rivolgo allora un caloroso invito a quanti hanno letto fin qui, che traggo da 2Tm 4, 3-4: non circondatevi di maestri secondo le vostre voglie, non abbiate sempre prurito di udire qualcosa e non volgetevi alle favole, ma accontentatevi della sana e certa dottrina.



Ad Maiorem



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